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“Dal deserto un giardino irrigato”. Messaggio di Pasqua 2019 del Vescovo di Ischia Pietro Lagnese

Percorro in visita pastorale il variegato territorio dell’Isola, verde ancora e incantevole sempre. Tuttora un giardino, anche se un tempo molto di più. Ischia, bellissima e fragile, unica comunque, nonostante tutto, nonostante i soprusi e le violenze, nonostante i nostri tradimenti. Sull’esempio di Maria di Nazareth vado in cerca di vite in apparenza ormai sfiorite, per portare la presenza del Vivente e provare ad annunciare il Risorto, il Veniente. Entro nelle case, costruite spesso in posti inaspettati e sorprendenti, quasi piantate, dove si poteva o si voleva, come nate spontaneamente. Per raggiungerle m’inerpico per strade quasi di montagna, m’inoltro in sentieri di campagna, a tratti ancora scalinate, un tempo soltanto mulattiere.

Respiro il mare e la terra e, complice la primavera già avanzata, osservo le gemme ormai sbocciate, i primi fiori e l’erba. Avverto i profumi trasportati dal vento e sento la vita che riparte. E avanza. Che meraviglia: la creazione rinasce, la vita ritorna! E penso a Dio, alla vita e alle sue dinamiche pasquali.

Alla mente mi tornano le parole del Papa che dice che la vita di un cristiano vero fa del bene anche al creato, e poi parla di un giardino tramutatosi in deserto e del Figlio di Dio che vi entra per farlo tornare ad essere giardino (cfr. Messaggio Quaresima 2019). E sento desiderio di Pasqua, di Risurrezione. Così con il cuore mi porto a quel mattino, a quel giorno dopo il sabato che cambiò la storia, quando le donne, all’alba, fecero l’incontro col Risorto.

Riprendo nei vangeli i brani della morte del Signore, quelli della sepoltura e della Sua risurrezione: letti e riletti, ogni volta hanno un sapore nuovo! Mi fermo a pensare ai luoghi della Pasqua: a quello della croce e a quello del sepolcro, poco distante, poi rimasto vuoto. Spinto dal Messaggio di Francesco e, avendo in cuore ancora i profumi della terra, leggo dal Vangelo di Giovanni e spiritualmente mi porto anch’io in quel giardino.

“Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù” (19, 41-42). Proprio là, in quel giardino, Maria di Magdala si precipitò il mattino di Pasqua “quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro” (20, 1).

Che bello! – mi dico – Gesù, dunque, muore e risorge in un giardino! Eppure a scrutare molte delle immagini del Risorto, pare che, raramente, gli artisti, lasciandosi ispirare da Giovanni, abbiano pensato al “giardino” per raccontare l’evento della Risurrezione.

All’evangelista invece sembra che affermarlo stia proprio tanto a cuore. Appare chiaro fin dalle prime battute del racconto; già dall’inizio della passione. Così per il luogo dell’arresto: Matteo e Marco lo chiamano “un podere”, aggiungendo che si tratta del “Getsèmani” (Mt 26, 36; Mc 14, 32) mentre Luca lo presenta come “Monte degli Ulivi” (22, 39); Giovanni invece, non preferendo nessuna delle due espressioni sceglie, volutamente, di parlare di “un giardino” localizzandolo “al di là del torrente Cedron” (18,1).

Perché tanta insistenza? Quell’immagine pare sia una chiara allusione a qualcos’altro. A Giovanni interessa riferirci degli inizi, richiamare i racconti delle origini, quelli narratici nel Libro della Genesi e ricordarci del giardino della comunione, quando l’uomo faceva esperienza della Vita, quando l’uomo viveva nella Pace (2, 8-15).

Per parecchi padri della Chiesa, come pure per diversi mistici medievali, c’è un messaggio preciso che a Giovanni interessa comunicare: con la morte e resurrezione di Gesù il giardino della creazione si spalanca nuovamente all’uomo; un nuovo inizio è donato all’umanità. Nel Figlio, crocifisso per amore, Dio riammette gli uomini alla comunione con Sé ed essi ritornano alla Vita.

E non solo! Pare che nel raccontare la scena dell’incontro, quello tra il Risorto e Maria di Magdala, Giovanni voglia dire anche dell’altro. Più di un commentatore ha infatti ricordato che il IV Vangelo, al quale pure sta a cuore il tema delle nozze (cfr. Gv 2, 9; 3, 29), adoperando l’immagine del giardino voglia richiamare anche il Cantico dei Cantici.

«“Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”» (Gv 20, 15): come non vedere in questo incontro la sposa del Cantico?
Anche là si parla – e più volte – di un giardino; anche in quel Libro c’è una donna che, correndo ansiosa, cerca il suo amato (3, 1-4; 5, 6-8), e, paragonata essa stessa a un giardino (4, 12-5, 1; 6, 1-2), è invitata, peraltro, come in Giovanni, a voltarsi due volte (7,1). Sì, nell’incontro con Maria di Magdala vi è il racconto dell’intera storia dell’umanità: un’umanità che cerca l’Amore e che in Cristo ha la possibilità di trovarlo: “Avete visto l’amore dell’anima mia? Sono venuto nel mio giardino, sorella mia, mia sposa” (Ct 3,3.5,1).

Carissimi, l’augurio che faccio ad ognuno, a me e a ciascuno di voi, è che anche noi, come Maria di Magdala, possiamo fare esperienza del Risorto! Con Lui davvero tutto cambia! In Lui il deserto può davvero diventare un giardino (cfr. Is 32, 15), la terra arida, una zona di sorgenti (cfr. Is 41,18).

“Egli – ci dice Papa Francesco – è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita” (Christus vivit, 1). Se lo vorremo anche la nostra creazione, la mia e la tua, saranno riportate al principio. Nel Figlio Suo, anche la nostra umanità potrà essere rigenerata. Con Lui una nuova vita ci è donata. Dio ci dà la possibilità di ricominciare! E lo fa piantando a Pasqua, nel deserto del mondo, l’Albero della Croce. Gesù di Nazareth, fiorito nella risurrezione, diviene lievito di vita nuova. A partire da Lui, il deserto rinasce e diventa giardino.

Voglia il Signore che anche la mia e la tua vita siano abitate da Lui. Allora, come per Maria di Magdala, come per la Sposa del Cantico dei Cantici, anche la nostra vita diventerà giardino, anzi giardino irrigato (cfr. Is 58, 11). Scopriremo che è Lui lo Sposo, Colui che ognuno cerca, anche senza saperlo; e che la vita è, in fondo, accogliere l’Amore. “Lui è in te, Lui è con te e non se ne va mai. Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che ti chiama e ti aspetta per ricominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza” (Christus vivit, 2). Lasciamo che il Risorto abiti i nostri deserti! Allora, piantati nella casa del Signore, fioriremo negli atri del nostro Dio, nella vecchiaia daremo
ancora frutti, saremo vegeti e rigogliosi (cfr. Sal 92, 14-15).

Maria, Colei che ci ha dato il frutto più squisito, interceda per noi! Santa Pasqua di Risurrezione!


1 Commento, Commenta o fai un Ping

  1. Rosaria Colella - Data: 20/4/2019 17:47:50 - IP: 5.90.248.xxx

    Meraviglioso e toccante annuncio, illuminante.

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