Sentirsi sbagliati (e forse esserlo veramente)
Secondo il vocabolario italiano “Degrado” significa “deterioramento, specialmente in riferimento a fattori sociali, urbanistici, ecologici…”. Degrado vuol dire dunque decadenza generalizzata, servizi scadenti, arredo urbano inadeguato o fuori luogo, crisi dei meccanismi di socializzazione pubblica… e soprattutto mancanza di regole negli spazi pubblici. Se è così, allora non c’è dubbio: Forio è un paese degradato. Certo, non mancano alcuni esempi molto belli e positivi… ma, in generale, all’ombra del Torrione, prevale il negativo, la difficoltà di vivere e a volte persino di sopravvivere. Specie nel “pubblico”, ognuno fa quel che gli pare. Così sporcare le strade, parcheggiare selvaggiamente dove capita, dipingere a “capocchia” le facciate dei palazzi storici, fare “ammuina”, lasciare dove capita gli escrementi dei propri cani, occupare il suolo pubblico, fare i prepotenti… sono sintomi di una crisi profondissima. Cresce perciò il bisogno di sentire la presenza attiva e incisiva dell’autorità. Di “qualcuno” capace di assicurare il rispetto dell’ordine, delle leggi, del vivere civile.
Forio è un paese sempre più sporco, caotico, anarchico. I vigili “urbani” (anche qui invito a prestar attenzione all’etimo), che dovrebbero rappresentare la faccia più pulita e coerente dello Stato, sono invece spesso solo il volto di un potere panciuto, lento, ingordo, artificioso, parolaio, quasi “bizantino”, anzi “barocco” (termini ovviamente intesi nel senso deteriore del termine). Basti pensare agli inutili bolidi del parco auto in dotazione proprio al Corpo di P.M.… Se poi un cittadino sollecita il rispetto delle regole, rischia di pagare lui per tutti. È accaduto, l’altro giorno, a un commerciante di via Matteo Verde punito e redarguito, dopo aver chiesto il rispetto della segnaletica stradale. Capita da anni alla signora Angela Di Maio che, nonostante le proteste e il ricorso alla Magistratura, non riesce nell’impresa banalissima di far spostare alcuni pini che minacciano le fondamenta e le finestre della propria abitazione in via Provinciale Panza. Esempi molto sciocchi che mi fanno chiedere sempre più disillusamente: ma che razza di paese è mai il nostro?
FORIANOFOBIA
Quand’ero più ragazzino soffrivo di “forianitudine”. Perciò, guai a chi mi “toccasse” Forio. Ero capacissimo di fare a cazzotti. Crescendo (voglio dire col passare degli anni…) mi scopro sempre più “forianofobico”. È una bruttissima cosa, lo so. Si rischia di somigliare a certi vecchi tromboni dalla testa grande e piena solo di prosopopea che si atteggiano a “incompresi profeti in patria”. Una brutta fine, che francamente vorrei evitare e per questo mi ripeto che, in fondo, “ogni mondo è paese”. Mi conforta perciò ritrovare il mio stesso stato d’animo in almeno due grandi scrittori contemporanei. Mi riferisco a Raffaele La Capria e Orthan Pamuk, quest’ultimo autore di Istanbul. Un capitolo di questo libro si intitola “L’infelicità è odiare se stessi e la città”. Scrive Pamuk: “Da un lato volevo che io e la città fossimo completamente europei, ma dall’altro volevo appartenere con tutti i miei istinti, le mie abitudini, i miei ricordi alla mia amata Istanbul”. Non poter mettere d’accordo queste due esigenze mi rende “una persona triste”. “Pensare che il motivo della mia tristezza sia la città mi trascina all’improvviso in un sogno innocente. Attribuisco a Istanbul un’epoca d’oro, un momento di autenticità e verità in cui è completamente se stessa e interamente bella”. Scrive La Capria: “In fondo l’Armonia perduta, da me attribuita a Napoli, viene anch’essa da un sogno innocente, simile a quello di Pamuk.
Allora, mi accodo: in fondo l’armonia perduta, da me attribuita a Forio, all’isola, viene da un “sogno innocente”, eccetera.
A CUORE APERTO
“Se mi trovavo tra le genti – è ancora Pamuk- l’istinto che mi cresceva dentro era quello di essere inutile, di non appartenere a nessun luogo, di essere sbagliato (…) ciò significava anche fuggire dal senso di contiguità, dall’atmosfera di fratellanza e di solidarietà della città (…). La sentivo nella mia anima questa frattura (…). E allora odiavo me stesso per essere rimasto con quelle persone e per il mio sforzo di essere stato socievole”. Tutto questo – aggiunge La Capria- “mi ricorda il Circolo Nautico, le chiacchiere e il vaniloquio che testimoniavano il silenzio ciarliero di quella borghesia, e il mio senso di dolorosa estraneità da quell’ambiente cui appartenevo”.
L’irrisolvibilità del “problema Forio” (La Capria si riferisce a Napoli, Pamuk a Istanbul) provoca in me la voglia di scappare.
È vero: i problemi di Forio non sono quelli di Napoli, o di Istanbul. Ma, se è per questo, nemmeno io sono La Capria o Pamuk…
Non mi piace fare il profeta di sventura, ma penso alla mia cara e porca Forio e vedo i muri delle case tappezzati di egoismo e di indifferenza… le vetrine luccicanti di pubblicità pro videopoker e slot machine… le scuole trasformate in cattedrali del peggiore darwinismo sociale…. i posti di lavoro divenuti (come nelle peggiori descrizioni del Medioevo) luoghi di umiliazione continua, le strade lastricate di immondizia e, ancora, di indifferenza.
Vorrei – davvero!- svegliarmi un giorno ed essere costretto a rinnegare tutte le volte che ho dipinto questo paesaggio foriano con il pennello del pessimismo e i colori del buio. Una speranza. Di più: un sogno. Naturalmente un sogno innocente.
UNA FORIO FINISCE, UN’ALTRA FIORISCE (?).
Mentre rifletto sul disastro foriano, prendo volentieri atto di come giungano anche molti segnali positivi di vitalità e d’impegno: ben due associazioni commercianti che gareggiano a chi fa di più e meglio (speriamo che la competizione sia sempre così), bue bande musicali, le tante iniziative per la diffusione della cultura, della pittura, del teatro e della poesia, la riscoperta dell’arte del presepe, la nuova dinamicità delle Parrocchie… Più che di “programmi” elettorali abbiamo forse bisogno di una sorta di “manifesto di idee”, un patto “meta politico” per disegnare un futuro all’insegna dei diritti, della trasparenza, dello sviluppo sostenibile, della speranza.
1 Commento, Commenta o fai un Ping
carmine castaldi - Data: 20/2/2011 21:10:32 - IP: 151.56.122.xxx
Personalmente ritengo, che le richieste vanno avanzate descrivendo il giusto con semplice esattezza.
Ricorrere particolare prassi, spesso la stessa diviene ostile.
Per quant’altro:
Di tutto quello, che sai e dillo senza riserva…
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