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Relazione introduttiva letta nell’incontro di fondazione del 11.11.2001

di Antonio Barile – Un caloroso benvenuto a tutti. E’ per me un grande onore essere qui con tutti voi, ancor più grande fare da portavoce dei promotori dell’incontro.
Questo di oggi non è un incontro sul Comune Unico, ma per il Comune Unico. Non è un incontro per verificare quanto sia chiara la nostra determinazione teorica verso il Comune Unico, piuttosto quanto sia forte la nostra  determinazione pratica.
L’incontro di oggi fa seguito a quasi 6 mesi di dibattito, sulla stampa locale e su internet. Un dibattito ritornante che riprende un tema ormai storico, di oltre 2 decenni; un dibattito che, se non ritornava ora, sarebbe ritornato poi. E dobbiamo rendere omaggio a quanti in passato l’hanno riproposto e ci hanno creduto. Alcuni di loro oggi sono qui, tra i primi a riprenderlo.
In realtà parlare di dibattito è improprio. Il Comune Unico, in sé, non è tema di dibattito: la sua superiorità quale migliore degli assetti istituzionali possibili per l’Isola d’Ischia è fuori discussione ed è difatti riconosciuta da tutti. E’ incontestabile alla pari di un teorema matematico. Contro il Comune Unico non ci sono argomenti razionali.
Contro il Comune Unico c’è un particolarismo pervasivo fatto di piccoli interessi, di piccole aspirazioni, dentro e intorno agli attuali municipi, un particolarismo che è un vero e proprio circolo vizioso nei fatti e nelle idee, e che alimenta contraddittorie paure campanilistiche contro il Comune Unico. Ai non ischitani si agita il timore dell’ “ischiacentrismo”, cioè che Ischia con il suo peso farà pendere dalla sua parte il tavolo dei progetti e dei finanziamenti. Agli ischitani tocca invece la paura opposta dell’ “ischiadecentrismo” (chiamiamolo così), cioè che Ischia può solo perderci nel condividere le proprie risorse.
Paure che si escludono a vicenda e che si rivelano presto infondate per vari motivi. Il Comune Unico, con le Circoscrizioni di decentramento, potrà meglio rispondere alle esigenze del territorio e mettere a punto un adeguato sistema per garantire un’interna capacità di riequilibrio sia della partecipazione che della distribuzione dei servizi e delle risorse, come pure potrà realizzare con più efficacia interventi di decongestionamento o di recupero. D’altro lato sarà proprio l’unitarietà dell’immagine turistica, fondamentale per la nostra economia, a richiedere una politica di rivalorizzazione dell’isola in ogni sua parte. Trascurare o addirittura danneggiare una parte si ripercuoterà immancabilmente sull’intera isola. (Appare sempre più incredibile la mancanza di un soggetto amministrativo che pensi ed agisca in nome e per conto dell’isola). Inoltre il campanilismo è qual è in conseguenza dell’attuale separazione amministrativa: all’indomani dell’istituzione del Comune Unico, penseremo diversamente e il grande campanile attenuerà non poco il piccolo campanilismo.
Ad ogni modo l’indiscutibilità del Comune Unico è tale che viene riconosciuta anche da chi è riluttante: non vi è nessun serio oppositore dichiarato, che io sappia. Chi vuole porre resistenza può soltanto avanzare dubbi sulla sua realizzabilità, spesso motivata con l’insormontabilità del campanilismo, attribuendo all’isola un’immaturità insuperabile. Ecco quindi le due varianti di fuga davanti al Comune Unico: il futuribilismo di chi dice: “bello, ma non ora”, o, più radicalmente e più raramente, l’impossibilismo di chi dice “bello, ma non qui”, “è utopia”, “è un non-luogo”.
Siamo arrivati alla domanda cruciale: il Comune Unico è realizzabile? E’ un’utopia? E’ un non-qui e/o un non-ora? Se penseremo così, così sarà. Se invece lo penseremo possibile “qui e ora”, sarà possibile “qui e ora”. La realizzabilità è nella nostra determinazione, non certamente come singoli, ma come gruppo con la sua potenzialità di diventare realtà incidente nella presunta realtà immutabile, che infatti non è una realtà indipendente da noi, ma una realtà che in qualche modo siamo noi.
E la domanda cruciale è tutt’uno con la domanda fondazionale che oggi siamo qui a porci:
considerando il nostro numero, la nostra determinazione e la realtà isolana, possiamo noi costituire un Gruppo capace di promuovere con successo il Comune Unico dell’Isola d’Ischia, con la sua istituzione in tempi non lunghi?
Dobbiamo rispondere a questa domanda. Potremmo fermarci qui, dibattere e decidere. Per la fondazione o per salutarci.

Però, prima di immergerci nel vivo, è bene dire qualcosa su come abbiamo pensato di procedere nell’incontro di oggi: ci saranno due parti.
Nella prima dovremo dare una risposta alla domanda fondazionale. Se sarà positiva, apporremo le firme come fondatori del gruppo, e procederemo alla seconda parte, che abbiamo pensato, per consentirci di ponderare meglio quanto vogliamo realizzare, come avvio di una breve fase costituente che terminerà col prossimo incontro, da tenere a breve, tra due o tre settimane, con l’approvazione definitiva dello statuto e la designazione delle cariche.
Quindi nella seconda parte, se ci sarà, decideremo, in modo ancora provvisorio, il tipo di gruppo che vogliamo costituire: nome, carattere, finalità, piano operativo, organizzazione, aspetti logistici. Ciò servirà alla stesura dello statuto, che limiteremo allo stretto necessario.

Affinché il dibattito sulla domanda fondativa non avvenga al buio circa le caratteristiche del gruppo che dovremmo decidere di fondare, è opportuno anticipare velocemente il profilo del Gruppo che vorremmo proporre.
Proporremo un Gruppo orizzontale, apartitico, aperto, senza alcun tipo di preclusione, con la necessità di mettere da parte tutto ciò che è estraneo alla finalità del Gruppo. Sarà richiesto un grande esercizio di maturità politica, un saper costantemente distinguere il pertinente dall’impertinente e fare in modo che questo non rovini quello.
Proporremo un’unica ed esclusiva finalità: l’istituzione del Comune dell’Isola d’Ischia. Va sottolineata l’unicità della finalità per vari motivi, primo per evitare dispersioni e divergenze entrando nel quadrato delle opzioni istituzionali che interessano la nostra isola.
Proporremmo, come piano operativo, di esplorare tutti i percorsi consentiti dalle leggi regionali. Mi scuso se apro una breve parentesi in proposito. Il Comune Unico può nascere solo con una legge regionale (approvata dopo un referendum consultivo della popolazione interessata (art.133 della Cost.)). Una legge regionale può nascere, oltre che attraverso la via ordinaria (Giunta Regionale o Consiglieri Regionali), attraverso (art.50 stat. reg. Campania) l’iniziativa di enti locali (il consiglio provinciale o i consigli comunali con una popolazione complessiva di almeno 20.000 elettori) oppure l’iniziativa popolare – almeno 5000 firme (segnaliamo per un’eventuale istanza di modifica dello statuto regionale che nello statuto dell’Emilia-Romagna per l’iniziativa popolare sono previste non meno di 300 e non più di 400 firme).
Sulla carta abbiamo quindi 4 percorsi da tentare:
1. la via della Giunta o del Consiglio Regionale (attraverso il coinvolgimento di assessori o consiglieri “amici” oppure attraverso una petizione)
2. la via del Consiglio Provinciale (come sopra)
3. la via dei Consigli Comunali (come sopra)
4. la via delle firme (con 5 mila elettori)
Va ricordato pure che, in sede di ammissione della proposta e prima dell’indizione del referendum, verrà acquisito il parere del Consiglio Provinciale e dei Consigli Comunali interessati.
Proporremo di esplorarle tutte, gradualmente dall’alto verso il basso (dalla Regione ai cittadini).
Aggiungo, per completezza, che è stata avanzata anche la proposta di formare alle elezioni comunali liste civiche come strumento di promozione del Comune Unico. E’ però una proposta su cui c’è divergenza, per cui la sua opportunità verrà valutata in un apposito incontro successivo alla fase costituente.
Proporremo, accanto alle iniziative operative, iniziative di studio e ricerca come:
· l’elaborazione di un’ipotesi di massima dello Statuto del Comune Unico, con la sua articolazione in Circoscrizioni, con l’indicazione delle funzioni e dei servizi, unitari e decentrati.
· l’elaborazione dettagliata dei vantaggi conseguenti alla gestione politico-amministrativa unificata
· l’elaborazione di materiale promozionale
Proporremo, come organizzazione interna, i seguenti organi: oltre l’Assemblea generale, 1 coordinatore + 8 delegati (1 delegato per i rapporti con la Regione + 1 delegato per i rapporti con la Provincia + 6 delegati, uno per ogni consiglio comunale, con il compito di tenere rapporti e di esplorare le possibilità per il CU all’interno di quell’ente), il Consiglio (Coordinatore + Delegati). Tutti di durata annuale. Si può anche ipotizzare di raddoppiare tutti i delegati (1 centrodestra + 1 centrosinistra).

Perdonatemi se in chiusura do spazio a considerazioni etiche.
Voglio richiamare la distinzione weberiana tra etica dei principi ed etica della responsabilità. Chi segue l’etica dei principi cerca di affermarli incondizionatamente, costi quel che costi. Chi invece si pone secondo l’etica della responsabilità, riconoscendo che esiste un legittimo pluralismo dei valori, cerca di coniugare i propri principi e le conseguenze del proprio agire. Bene, possiamo realizzare il Comune Unico se sappiamo passare ad un’etica della responsabilità, cercando di non far fallire il risultato per altro o in nome di altro.

Pare che possiamo finalmente passare alla domanda fondazionale.


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