Da tempo avrei voluto scrivere alcune righe, soprattutto ai giovani, per manifestare il mio pensiero sulle ragioni del comune unico. Avrei voluto farlo attraverso uno studio di fattibilità che avrebbe sgombrato ogni dubbio sulla necessità del comune unico. Non mi è stato possibile per ragioni di lavoro. Mi aspettavo che lo facessero i sindaci, ma non lo hanno fatto. Sarebbe stato doveroso farlo per dare a tutti gli isolani la possibilità di esprimere in modo compiuto e pienamente partecipato il loro consenso. Questa è la trasparenza e la democrazia. Ma non è stato fatto e così si rischia di perdere ancora un’occasione per migliorare la nostra isola. Certo, il rischio è ancora una volta quello di lasciare che l’isola continui a vivere un processo di declino irreversibile che pagheranno i giovani e le future generazioni. Ma non dobbiamo perdere la speranza. Non l’ho mai persa io che da tempo vivo lontano e, come capita a tanti, nella lontananza le ragioni del cuore sono ancora più forti e decisamente utili a non arrendersi. E’ con il cuore, quindi, che dico ai giovani isolani: il comune unico vi riguarda, riguarda il vostro futuro, date una speranza al vostro futuro.

La verità è che amo visceralmente la nostra isola, che vorrei vederla più bella, più grande, più ambiziosa, più accogliente, più funzionale alle aspettative di chi la vive, la visita o ci lavora, più adeguata alle necessità di chi ha messo in gioco il proprio futuro, insediandovi un’attività di impresa. Tutto questo oggi ci è impedito da una frammentazione insensata e fuori dal tempo che genera pochissimi e inefficienti servizi, altissimi costi della politica e debiti a non finire che bruciano la vita futura di tanti giovani.

Ma quale è oggi la nostra isola?

E’ nostra l’isola marcata dai confini istituzionali, che spesso tagliano in sei i cortili dei condomini?

O è la nostra isola che respiriamo e viviamo tutti i giorni quando lavoriamo, quando andiamo a divertirci, quando andiamo a trovare gli amici, quando dobbiamo ricorrere al voto di scambio per ricevere un servizio di cui abbiamo diritto?

La risposta è quella che chiunque darebbe a se stesso.

Per molti anni tutti abbiamo pensato che in fondo va bene lo stesso, che attraversare due o più volte al giorno, in auto o sull’autobus, i confini istituzionali non ci cambiano la vita.

Oggi, invece, ci cambiano la vita e la limitano soprattutto ai giovani ed alle future generazioni, perché la durezza di una competizione che vede protagoniste non solo le persone e le imprese singolarmente, ma anche i territori, le comunità, i sistemi economici e sociali, non può più consentirci di immaginare che per anni potrà ancora continuare ad andare bene lo stesso.

Lo sforzo da compiere per capire in quale direzione andare in fondo non è neppure uno sforzo.

Basta convincersi del fatto che, se individualmente sentiamo la necessità di cogliere tutte le occasioni possibili per migliorare le nostre condizioni di vita, non possiamo non sentire la necessità, quando l’occasione ci viene offerta non individualmente, ma come membri di una comunità.

Rinunciare al comune unico, vuol dire rinunciare ad un futuro migliore.

Sono certo che tanti isolani, non hanno nessuna intenzione di rinunciarci.

Così come voglio continuare a pensare che il comune unico possa essere solo l’inizio.

Per questo invito tutti ad andare a votare e votare SI convinti per un futuro diverso e migliore.