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Lettera agli imprenditori e ai lavoratori dell’isola d’Ischia

di Luciano Venia* Caro amico, l’Unione delle forze economiche e produttive (lavoratori del commercio, del turismo e del terziario, professionisti, imprese e stakeholders) e dei cittadini (utenti, studenti, pensionati, contribuenti) è la via maestra da percorrere per allestire un programma partecipato e concreto volto al rilancio del sistema turistico dell’isola d’Ischia da presentare agli enti locali territoriali e alle istituzioni pubbliche.

La grave condizione di degrado ed incuria di troppe parti del territorio insieme al gap di servizi e infrastrutture, si sommano infatti con evidenza alle condizioni di gravissima crisi dei bilanci di vari comuni con conseguente insufficienza dei servizi assicurati ai residenti e ai turisti; e all’evidente limite operativo di molte aziende, costrette a fronteggiare la compressione dei consumi specie nel ambito del settore non alimentare ed una asfissia del credito ormai strutturale; ma anche e soprattutto il carico dei canoni di locazione, la elevata tassazione locale e statale, la preponderante conversione del mercato verso segmenti low cost che, a fronte di pacchetti tutto compreso – inclusi cioè anche i pasti quotidiani – non attraggono più quelle fasce di clientela tradizionale e con ampia capacità di spesa che altrove (si pensi al successo dell’alto di Gamma nel distretto turistico del Lago di Garda) generano tuttora intensi scambi nel circuito commerciale e quindi grande valore aggiunto che si riverbera a larga parte del sistema economico.

Manca ormai da anni quel fenomeno virtuoso della “redistribuzione del reddito” che ha costituito la leva dello sviluppo nei decenni scorsi e che infine ha ampliato le dimensioni e la potenza del ceto medio, costituito da piccoli imprenditori, lavoratori qualificati etc. Esso ha costituito la spina dorsale del distretto insulare ed ha consentito nel tempo, la progressiva emancipazione di ampie quote di popolazione o cooptate nello sviluppo economico in ruoli funzionali, ancillari o cooperativi o stimolate alla intrapresa privata.

Quel modello vincente di libera impresa sostenuta dalle politiche pubbliche (dapprima i fondi della Cassa per il mezzogiorno poi i fondi per lo sviluppo europei e regionali) e dal credito (l’azione utilissima delle Banche nell’azionare leve di “benessere” imprenditoriale) ha trovato vincoli e limiti nei nuovi regolamenti europei e nelle leggi statali sicchè proprio il capitale è stato elemento di scarsità una volta tramontata l’epoca dei capitani di industria attratti dalla potenzialità balneo-termale dell’isola verde (i Rizzoli, i Marzotto per esempio).

Inoltre l’obiettiva aumentata offerta turistica a fronte di un territorio non più intatto o divenuto omologo a quelli metropolitani per aspetti importanti (traffico, gas di scarico, cementificazione di aree un tempo agricole e verdi, situazione arenili e stato del mare, condizione disastrosa e costi dei trasporti) insieme alla moltiplicazione dei vani e alla strenua competizione nel settore ricettivo, hanno trascinato al ribasso il livello della proposta e nell’agglomerare servizi di bundling nel medesimo pacchetto offerto, hanno ridotto le opportunità per il commercio e i servizi esterni alle singole strutture turistiche.

Questa miscela esplosiva ha condotto alla crisi del sistema e l’effetto ha cominciato a falciare le imprese piccole e medie ma sta in latenza a minacciare anche entità di maggiori dimensioni con un rischio che coinvolge migliaia di lavoratori.

Siamo dunque in una congiuntura assai delicata dove, alle crisi globali e nazionali si sommano le diverse criticità ed emergenze locali. Eppure nella politica indigena si ragiona ancora con vecchi schemi sorretti da logiche desuete e improponibili come una subcultura clientelare, tentazioni di nepotismo, l’incapacità a un sano confronto democratico per pervenire a misure e provvedimenti di contrasto al degrado, mentre non sembrano giungere annunci sulla implementazione di piani strategici per invertire la rotta, riqualificare il territorio, risanare le risorse, eliminare le fonti di inquinamento o di abuso dei beni comuni.

Si leggono solamente cronache negative ed una vicenda politica ridotta a una catena di reciproche aggressioni sul piano personale, una lotta arcaica che raramente riguarda il dibattito o il dialogo su contenuti e progetti e men che meno sembra veicolare analisi di sistema, idee, programmi.

Un’orgia sterile di contumelie, fatterelli, denunce anonime e polemiche dopolavoristiche che non è all’altezza di una comunità e di una località come l’antica Pithecusa poi Aenaria e infine Ischia, una delle superpotenze naturali del mondo, un distretto turistico di grande rilevanza, un sistema ad alto indice economico.

Il personale politico troppo spesso appare inadeguato e non formato per elaborare strategie, piani di lungo periodo, programmi operativi, misure di intervento. Piuttosto si galleggia e si inseguono i fenomeni contingenti invece di operare con “politiche di bilancio” o mediante ariosi provvedimenti quadro e strumenti di programmazione.

L’urbanistica è la cenerentola della politica mentre il territorio è ridotto “in cenere” ferito da ogni sorta di aggressione.

Di ambiente si parla solo per le superate giornate ecologiche con qualche ora di stop al traffico nell’arco di un anno. Nessuna politica per il mare, nessuna visione per i trasporti, nessuna nuova

concezione della viabilità.

Nessuna implementazione di sistemi coordinati e integrati per la gestione manageriale delle infrastrutture e dei servizi turistici di supporto alla impresa privata.

Niente di niente.

Nessuna grande politica culturale. Solo parole sentite dire e rimaneggiate ma non comprese, scollegate, vacue, farfugliate e poi dimenticate. Quattro concerti, un po’ di mascherate, un po’ di tarantelle, quattro luci colorate a Natale, cose molto pregevoli ma insufficienti a dimostrare e dispiegare la forza del sistema Ischia.

Vorrei chiarire che quando si dice tutto ciò non si vuole individuare responsabilità di uno o di pochi ma segnalare una generalizzata condizione di impianto che occorre modificare radicalmente.

Serve una rivoluzione copernicana. Adesso. Immediatamente. O siamo in grado di un colpo di ala per volare alto oppure siamo costretti al degrado continuo e inarrestabile già sperimentato negli ultimi anni.

Va smantellata tutta la subcultura che fa da impalcatura alla configurazione geopolitica attuale nell’unico modo moderno ed efficace possibile mediante una reale integrazione socio-economica del maggior numero tesa a dare opportunità di lavoro a quanti più giovani possibile e a quanti più ischitani possibile.

A tal riguardo mi riservo di presentarvi il mio Progetto di un PATTO SOCIALE PER LO SVILUPPO E LA PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI nel quadro dei principi sociali e giuridici di cui agli articoli 2, 3, 32, 97 e per la parte dell’impresa gli articoli 41 e 42 della Carta Costituzionale.

Dunque per salvare Ischia, mantenere uno sviluppo sostenibile, puntare al benessere e all’interesse generale serve una larga condivisione e il varo di un programma strategico in grado di produrre maggiore coesione sociale e incremento del prodotto.

Al fianco delle Istituzioni con un ruolo attivo e propositivo deve misurarsi la forza dei cittadini e prioritariamente quella delle imprese e dei lavoratori.

Se infatti non si cambiano metodi operativi e gestionali dell’intero sistema Ischia riportandoli ai valori della Costituzione in tutti gli aspetti, a nulla valgono superficiali cambi di assetto che anzi, per la vischiosità del sottobosco politicante locale finiscono per creare ibridi, chimere, mostruosità col riciclo di espressioni ormai collocate nel cimitero della storia e nella archeologia; e soprattutto finiscono per avere carattere instabile e transitorio per poi offrire fianco scoperto alle consuete forze clientelari che non riescono a fornire risposte strategiche alla complessità e alla gravità dei problemi attuali e non sono in grado di costruire l’isola del futuro.

Il cambiamento deve avvenire urgentemente non con un referendum calato dall’alto che si proponga sic et simpliciter (e con i rischi di apparire contra legem) di abolire gli enti ma a mio avviso, attraverso una strategia di unificazione dei servizi dell’intero comprensorio, con un lavoro condiviso e sinergico, con tariffe e servizi eguali (soste auto, tariffe nettezza urbana, servizio taxi, polizia municipale, costi di ormeggio nei porti etc.) e riducendo soprattutto i costi (massimizzando il bacino di utenza) che non sono più sostenibili per gli enti e i contribuenti.

Fecero così in Prussia con lo Zollverein (Lo Zollverein (tedesco per “Unione doganale”) o Unione doganale tedesca fu creato nel 1834 tra 38 stati della Confederazione Tedesca durante la Rivoluzione industriale per creare un miglior flusso commerciale e per ridurre la competizione interna) e di recente così hanno fatto gradualmente e progressivamente le comunità europee poi fusesi nell’Unione Europea.

È per via economica, è nella unione dei servizi, nella gestione associata, nella creazione di nuove infrastrutture, nella gestione coordinata di quelle già esistenti, nella PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA che si sostanzia una Nuova Ischia libera dal degrado, dalla subcultura, dal pressapochismo, dal “clientelare”, dalla cura esclusiva del particulare a detrimento del bene comune, dell’interesse collettivo, della egemonia del benessere di tutto il sistema e non di poche forme oligopolistiche trasfuse in brani di oligarchie che hanno dimostrato, salvo casi rari, irresponsabilità, incapacità, inadeguatezza, inaffidabilità, ignoranza.

Serve allora una grande riforma del sistema Ischia!

Si deve anzitutto puntare su forze giovani, inquadrate in nuovi rassemblement in cui l’elemento programmatico prevalga sulla squallida alchimia del dare e avere e sulla mera contabilità elettorale andando oltre la mera addizione numerica intercettando quella domanda di qualità della politica che sale dal territorio e che non ha trovato sinora ascolto e reificazione.

Ma se il quadro strutturale è di per sé gravissimo, con un tessuto imprenditoriale intaccato da criticità e sofferenze e con un territorio che, da un lato ha sciupato le sue risorse inquinandole, degradandole, deturpandole o non valorizzandole nel modo ottimale; e dall’altro non ha saputo implementare nuovi servizi e strutture restando in coda alle graduatorie in termini di accoglienza, vivibilità, sostenibilità dello sviluppo, ciò che inquieta sono i rischi che incombono sul futuro.

Fatti esogeni, messa in questione del valore ambientale delle risorse, aggravamento della situazione amministrativa negli enti locali, sopravvenienze e traumi ulteriori di diversa natura potrebbero rappresentare una minaccia letale all’attuale configurazione del sistema economico con conseguente grave ripercussione sulla intera popolazione in via diretta o indiretta e l’avvio di una fase di criticità tanto grave da pregiudicare in ipotesi le possibilità di un recupero di vantaggio competitivo sul mercato.

Dobbiamo evitare anche il minimo rischio relativo a un tale scenario drammatico. Tutti devono agire subito per dare un contributo di buona amministrazione e di buona politica. Vecchi, attuali e futuri amministratori devono cooperare con le forze sane della comunità per lavorare insieme a un Progetto per la rinascita di Ischia fabbricando qualità ambientale e riqualificando ogni parte del territorio, implementando nuovi servizi e strutture.

Uno sviluppo sostenibile.

Come è noto, La definizione oggi ampiamente condivisa di sviluppo sostenibile è quella contenuta nel rapporto Brundtland, elaborato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente: “Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali. In quel documento viene sottolineata la tutela dei bisogni di tutti gli individui, volti a raggiungere migliori condizioni di vita; così come viene sottolineata la necessità e l’importanza di una maggiore partecipazione dei cittadini, per attuare un processo effettivamente democratico che contribuisca alle scelte. Lo sviluppo sostenibile impone di soddisfare i bisogni fondamentali di tutti e di estendere a tutti la possibilità di attuare le proprie aspirazioni ad una vita migliore.

Ebbene ciò significa che abbiamo due missioni importanti da svolgere, assicurare all’isola di Ischia un nuovo lungo periodo di benessere e di sviluppo socio-economico e mantenere integro questo sistema naturale per trasferirlo assieme alle relative opportunità ed attività economiche alle nuove generazioni. (Cfr Luciano Venia – Uomo Rete Sistema – ed. Imagaenaria).

In questa ottica dunque va considerato che esistono: a) una sostenibilità economica come capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione; b) una sostenibilità sociale intesa come capacità di garantire condizioni di benessere per tutti (sicurezza, salute, istruzione, democrazia, partecipazione, giustizia) distribuite in modo equo; c) una sostenibilità ambientale vista come capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali.

Viene subito da pensare al valore immenso dei nostri boschi, della nostra montagna, delle nostre fonti e sorgenti termali, del nostro mare.

In termini di valore civile della nostra storia pensiamo poi all’ipotesi che il culto del fuoco di Vesta possa essere stato importato a Roma proprio dalla nostra isola (cfr Carandini) oppure che nel proemio del poema dell’Essere alla base della filosofia occidentale, Parmenide di Elea abbia fatto riferimento alle due flotte di stanza a Pithecusa per significare la grandezza della nostra isola e il suo ruolo strategico sin dall’antichità, come pure afferma un illustre studioso.

O all’importanza della cd. Coppa di Nestore quale esempio di arcaica iscrizione di lingua greca e così via recuperando la nostra lunga vicenda storica fatta anche di eruzioni, sconvolgimenti, eventi naturali magnifici e gli insediamenti di Monte Vico e Mezzavia prima colonia greca d’occidente e di Punta Chiarito, Castiglione, san Pietro. E le città sommerse di Aenaria e Geronda. La nascita del Lago d’Ischia e L’IMMENSO VALORE DEL CANALE DELLA FOCE ANTICA DEL PORTO DI ISCHIA SULLA QUALE CHIEDIAMO LA TUTELA DA PARTE DI TUTTE LE ISTITUZIONI DELLA REPUBBLICA.

La vera emergenza è dunque la mancanza di una cultura della cultura.

Ricapitolando abbiamo parlato di inadeguatezza dell’attuale offerta politico-amministrativa, di insufficienza dell’azione programmatoria, di degrado del territorio, di superamento dell’attuale apparato ricettivo turistico in rapporto alla competizione dei nuovi mercati, alla carente organizzazione di servizi e strutture, alla necessità di integrazione e coordinamento per via economica della vita civile.

Ma questo quadro di per sé grave e allarmante potrebbe risultare descrittivamente ancora peggiore se dovessero perdurare e aggravarsi le difficoltà degli enti locali oppure le classi dirigenti dovessero esplodere con la potenza distruttiva del collasso di una stella Supernova a causa di eventi inattesi e nuove criticità relative al territorio o magari implodere per cedimento strutturale delle varie coalizioni o per esaurimento della spinta propulsiva popolare.

Il congelamento delle attività di straordinaria amministrazione, l’impossibilità per una data formula di governo locale di proseguire la funzione, potrebbero indurre alla scelta di una anticipata conclusione delle esperienze in atto, aprendo una immediata finestra elettorale nella quale dovere scegliere nuovi assetti e nuove forme e coalizioni amministrative.

In tali casi la crisi latente deflagrerebbe con una tale potenza da coinvolgere in larga parte la classe dirigente ma travolgerebbe anche le istanze e i bisogni della comunità e dispiegherebbe forse i suoi effetti di stasi anche sul sistema economico. Questa disintegrazione sarebbe un elemento nuovo e fonderebbe un nuovo equilibrio potenziale probabilmente con l’apparire di nuove elites e nuove forze in campo.

*Ideatore di DIVENIRE – Promotore del Centro Studi sul Turismo


1 Commento, Commenta o fai un Ping

  1. norman - Data: 13/1/2016 23:04:47 - IP: 87.10.138.xxx

    Caro Dr. Venia, perfettamente d’accordo con le sue analisi, un po’ meno con il rimedio, una sorta di ” union sacre’ de la Patrie ” che spesso non funziona neanche in tempo di guerra.
    Pero’ concordo che i rischi che la nostra comunità‘ sta correndo per incuria e affarismo sono enormi, in pratica e’ svanita qualsiasi dimensione politica e sociale dalla vita quotidiana.

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