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Le buone ragioni dello sciopero Fiom di Napoli (FOTO)

di Emanuele Verde. “È credibile promettere un sistema di flexicurity a spesa praticamente invariata?” A chiederselo sono Alessandro Giovannini e Ilaria Maselli, due ricercatori del Ceps (Centre for European Policy Studies) in un articolo del 3 novembre su “Il Sole 24 Ore”. I due confrontano le spese per le politiche del lavoro sostenute dall’Italia nell’anno 2012 con quelle di Danimarca e Belgio. Le cifre parlano chiaro: nel 2012 l’Italia ha speso in media 7.800 euro per il sostegno al reddito dei disoccupati, a fronte dei 18.100 in Danimarca e 21mila in Belgio. Il secondo quesito è perciò ancora più dirimente del primo: “È realistico promettere un sistema di flexicurity senza avere un chiaro piano per le finanze pubbliche?” Ma non è finita qui perchè, oltre l’aspetto finanziario – scrivono i due studiosi – c’è la capacità amministrativa: “I centri per l’impiego italiani sono capaci di svolgere l’attività di matching tra domanda e offerta dei mercati del lavoro locali? Sono capaci di soddisfare la domanda di formazione delle aziende nei loro distretti? Se no, perché e di quali strumenti avranno bisogno?” Sono queste le ragioni che ieri mi hanno spinto a partecipare alla manifestazione della FIOM a Napoli. Converrete che non sono gli argomenti di un pericoloso bolscevico. Piuttosto, quelli del buon padre di famiglia preoccupato come il nostro Presidente del Consiglio del futuro della giovane Marta.




Poi viene l’articolo 18
. Appena due anni fa Renzi dichiarò ad “Anno Zero” (vedi video) di non aver trovato nessun imprenditore che gli avesse posto il problema dell’articolo 18 come causa dei mancati investimenti sul territorio (allora faceva il sindaco di Firenze). Beh, c’è qualcuno che sappia dirmi cosa è cambiato nel frattempo? Perchè Renzi ha cambiato idea rispetto a quando faceva il sindaco? Lo chiedo anche perchè ieri il segretario FIOM Landini ha dichiarato che il primo ministro non ha il consenso degli onesti. Naturalmente l’affermazione ha eccitato il circo mediatico, e può darsi effettivamente sia stata sopra le righe (o quanto meno poco accorta sul piano strategico). Però, insisto, visto che di onestà si parla, bisognerebbe innanzitutto chiedere al premier perchè ha cambiato idea sul punto. Soprattutto, perchè ha posto di nuovo la questione al centro dell’agenda politica ad appena due anni dalla riforma Fornero, che pure aveva ristretto l’ambito di applicazione della norma. Non sarebbe stato più serio prima monitorare gli effetti della riforma andata a regime?

Fino ad ora Renzi ha eluso sistematicamente ogni risposta sull’argomento, rifugiandosi in una delle scorciatoie comunicative a lui tanto care: eliminare l’articolo 18 – ha detto su per giù – serve a togliere ogni alibi al mondo delle imprese in ordine ai mancati investimenti. Sarà, ma anche così restano senza risposta le domande poste all’inizio circa l’ammontare delle risorse per le misure di sostegno al reddito. Perchè, qualora non l’aveste ancora capito, la flessibilità per funzionare costa più dell’attuale, malfunzionante, sistema di welfare. Occorrono più risorse, e la verità è che i soldi non ci sono. Non sarà, perciò, che mentre discutiamo di riforma del mercato del lavoro, di riforma degli ammortizzatori sociali ecc… l’obiettivo in realtà è un altro? E cioè competere sul mercato del lavoro con i paesi dell’Est, anziché su innovazione e sviluppo con Francia, Germania e il resto del Nord Europa. Avremo salari sempre più da fame (già ci siamo, non è uno scenario futuribile) ma acquisteremo auto e telefonini tedeschi. Se vi sta bene…


4 Commenti, Commenta o fai un Ping

  1. lucia manna - Data: 22/11/2014 20:38:42 - IP: 79.37.147.xxx

    E’ questo l’obbiettivo caro Emanuele come dici” salari sempre più di fame” x mantenere ancora i privilegi di quei pochi che come nel medioevo ancora succhiano al lavoratore energie e dignità. Come i cinesi lavoreremo x una mangiata di riso.”Compro Oro” è stato il primo passaggio. L”oro era il bene -rifugio Prima fase della povertà:l’oro. Poi toglieranno le case. Siamo al capolinea. Di rivoluzione neanche si può parlare perché l’italiano non è pronto a tale ribellione. Dovremo sconfiggerli con il voto se ci fossero imminenti elezioni. E riprovare con i giovani stellati? Ma molti sono uniti a debiti di gratitudine con il potere costituito e finirebbero x rivotarli.Altri non vogliono lasciare lo status quo intralazzando. Bene!Sono ormai tutti vecchi e dovranno pur scomparire fisicamente. Siamo fermi e nulla vale discutere ne di flecxicurity ossia servizio x l’impiego e ne di macting.Facendo confronti statistici con la Danimarca? Mi viene da ridere. L’Italia si può avvicinare alla flexcurity di un paese cosi civile e progressista come quello danese? Si: fra due generazioni o tre addirittura. Si perde tempo e si gioca sulle parole che vengono sostituite ad altre parole renziane falsate da promesse che comunque non andranno a vantaggio dei lavoratori perché in vita si devono ancora mantenere i FEUDATARI italiani. Questo è il nuovo Medioevo.Ossia quelle poche famiglie che ordinano e coordinano ancora la nazione Italia. Con un presidente della repubblica ultra centenario causa e rovina della nazione più ricca di storia- cultura-arte- del Mondo.Nessuno è più fiero di essere italiano come lo ho Napolitano.

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  2. norman - Data: 25/11/2014 21:21:54 - IP: 87.10.141.xxx

    Intervengo un po’ in ritardo, ma l’argomento merita di essere commentato.
    A parte il grottesco ” togliere l’alibi alle aziende” ( la cui consistenza logica equivale al noto ” me lo taglio per farti dispetto”) penso che sull’art.18 Renzi abbia cambiato la sua – non granitica – opinione dopo le elezioni europee e piu’ precisamente dopo la visita estiva a Mario Draghi nella tenuta che il Mago dei Soldi possiede in Umbria. Lungi da me il complottismo, la vita e’ tutta un complotto, ma potrebbe esserci stato un scambio del tipo :
    1) tu togli l’art.18 e asfalti i Sindacati 2) i Tedeschi investono in Italia, comprano buone aziende a prezzi da favola e prendono due piccioni con una fava, perche’ si avvalgono di manodopera ormai con le lacrime agli occhi, qualificata e di poche pretese, stroncando en passant le probabili rivendicazioni degli ultrasindacalizzati operai tedeschi 3) io ( Draghi, cioe’ Bce ) ti faccio il Quantitative Easing , ti compro i Titoli di Stato e ti garantisco dal fallimento del debito pubblico italiano. Anche i miei amici del mondo della Finanza saranno contenti, con guadagni tra il 25 ed il 40% .Domani e’ un altro giorno e chissa’ forse sara’ quel giorno in cui avro’ bisogno del tuo aiuto per diventare Presidente della Repubblica.

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  3. Antonio - Data: 26/11/2014 06:39:06 - IP: 79.53.139.xxx

    Il mondo evolve senza un direttore di orchestra. È inutile stare sempre a guardare al passato. Il lavoro è un mercato, c’è chi offre e chi compra, niente di più, e la maggior parte di quei lavoratori ha poco da offrire (professionalmente intendo), se non la propria buona volontà, cosa che di questi tempi gli imprenditori trovano ovunque e ne approfittano. Ma la soluzione non è fare leggi garantiste, serve solo a far delocalizzare il lavoro, cosa già ampiamente avvenuta… ma si sa guardare al progresso, bello o brutto che sia, ed all’evoluzione del mercato del lavoro non è fruttuoso politicamente e sindacalmente… la riforma del lavoro passa attraverso accordi europei solo così si può garantire al lavoratore che altri non siano più appetibili e facciano concorrenza sleale….

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  4. norman - Data: 28/11/2014 21:53:31 - IP: 87.5.244.xxx

    E’ vero, non esiste il Direttore d’Orchestra del Mondo, ed e’ questo che ci salva, perche’ la realta’ nel bene e nel male e’ piu’ ampia e imprevedibile rispetto alla capacita’ del potere di strumentalizzarla e ” dirigerla”.
    Anch’io penso che il problema deve essere posto nel contesto europeo : 500 milioni di abitanti con capacita’ produttive, livello di istruzione, tenore di vita e risparmi superiori di diversi secoli di ore/lavoro
    a quasi tutto il resto del mondo non puo’ farsi delocalizzare, sfruttare e precarizzare da una gang di dirigenti di multinazionali e di gestori finanziari in combutta con i politici.

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