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La notte della Repubblica

di Paolo De Gregorio. Aiuto! Non so se ridere o piangere di fronte alle parole pronunciate da Matteo Renzi a Cosenza per tirare la volata al candidato del PD per le elezioni regionali che si terranno domani in Calabria.

Il livello di populismo e di ignoranza in materia economica assomiglia molto alle panzane di 4 anni fa di Berlusconi, che vedeva la crisi alle spalle per il fatto che “i ristoranti sono pieni e non si riesce a prendere aerei”.

Ecco le frasi pronunciate fra gli applausi: “Come si fa a non capire che col 43% di disoccupazione giovanile non serve fare proteste e lanciare fumogeni”, “il lavoro non lo crea chi usa le parole ma chi apre le imprese. Le fabbriche non vanno occupate ma aperte”.

Un primo ministro che pronuncia queste sciocchezze da analfabeta in un paese serio sarebbe preso a pernacchie e rimandato senza appello in Cassazione.

Purtroppo, di fronte alle battute ad effetto di Renzi, corre l’obbligo di tornare indietro, alle scuole elementari, e ribadire ciò che dovrebbe essere già chiaro per tutti, a prescindere dalle varie posizioni politiche.

Chi apre le imprese non sono i politici (i soldi pubblici sono finiti e rubati da un pezzo), ma i capitalisti, i quali in questi 7 anni di crisi hanno fatto a gara a chiudere le aziende in Italia e delocalizzare dove la manodopera costa meno e le tasse sono la metà.

I più famosi marchi della moda e dell’alimentazione sono stati acquisiti da multinazionali straniere, e, pur restando sul nostro territorio, portano i profitti all’estero.

Parlare di “ripresa” in questa situazione senza un solo segnale o indicatore economico favorevole è da mentitori professionali senza scrupolo.

Naturalmente ci si dimentica sempre di citare il nostro debito pubblico di oltre duemila miliardi di euro che ci costa 80 miliardi di euro l’anno di interessi, fattore che rende impossibile finanziamenti pubblici a scuole, università, ricerca, prevenzione sanitaria.

Quanto al 43% di disoccupazione giovanile, Renzi non si dovrebbe lamentare delle proteste di questi giorni, ma constatare amaramente che è fallito il sistema capitalista, che non guarda con occhiali etici né patriottici, e va solo dove lo porta il cuore, ossia dove può fare più profitti, e se ne sbatte se in Italia abbiamo i vecchi al lavoro e i giovani a spasso.

E’ evidente che se non si ristabilisce il primato della politica (una buona politica) sull’economia, andremo sempre peggio, in quanto la globalizzazione ha le sue leggi spietate e i soggetti economici internazionali capaci di produrre beni di consumo a costi inferiori ai nostri sono in aumento e il futuro è molto incerto, altro che ripresa.

Per prima cosa diciamo la verità agli italiani, imbrogliati da due decenni di “pensiero unico televisivo”, da finti dibattiti, mentre le cose sono semplici, comprensibili per tutti, mentre nei media gira solo gente pagata per complicare le cose semplici, per depistare, per omettere di citare le notizie scomode per il sistema.

Se è vero che è la globalizzazione che ci ha portato in questa situazione, Europa ed euro compresi, la cosa più giusta mi parrebbe quella di chiedere agli italiani, attraverso un referendum, se desiderano restare in questa gabbia senza uscita, o percorrere una strada diversa

Ricordiamo che dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi non vi è mai stata tanta disoccupazione, tanta recessione, tanto debito pubblico, tanta mafia, tanta evasione fiscale, tanta immigrazione, tanta droga e alcolismo tra i giovani.

Sembra proprio un sistema fallito, da buttare.

 


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