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Il Grande Bordello Per crescere non serve un Comune Unico ma un popolo unico

Avv. Gianluca Di Maio Ciò che intendo discutere con il presente articolo, non deve assolutamente essere frainteso, non sono contro il Comune Unico, né sono convinto che giungere a questa soluzione amministrativa possa significare la soluzione per tutti i problemi ischitani, preferisco, bensì alimentare la discussione con alcune considerazioni che esulano il mero aspetto istituzionale, ed affrontare problematiche relative, principalmente, alle responsabilità in capo ad ognuno di noi.

Parto dal semplice appunto che la politica, in questa seconda Repubblica, ha assunto sempre più i connotati dello scontro sociale, di una battaglia faziosa, assegnando a tutti i cittadini, sia a livello locale, che nazionale, una casacca da difendere a tutti i costi, laddove si personalizzano idee, si segue l’uomo piuttosto che i programmi. Questo, agli occhi dei più, può sembrare ingenuo e fuori dalla realtà, ma da tempo si è smesso di puntare l’occhio sul vero obbiettivo che dovrebbe coinvolgere il cittadino votante, la crescita e lo sviluppo di un gruppo sociale, che può essere rappresentato da un Comune, da una Provincia, una Regione o ancor di più l’intero Stato.

Sono anni che si naviga a vista con o contro quel personaggio politico, seguendo e giustificando virtù e colpe, partecipando ad un gioco al massacro che distrae la nostra attenzione dall’incapacità dei più di offrire soluzioni ai problemi, garantendo ai protagonisti della vita pubblica costanti giustificazioni alla staticità della loro azione, smarrendo il senso civico, ed ancora peggio la cognizione di perdere giorno per giorno, parte della nostra capacità di reagire.

L’assenza nei discorsi politici, intesi ad ampio raggio, di una vera, reale e costruttiva programmazione di sviluppo, ci obbliga ad affrontare, quotidianamente, emergenze, senza la cognizione del dopo, autorizzando azioni scellerate, che però vengono spese, dai nostri amministratori, come le uniche soluzioni possibili, garantendo a questi di lucrare sulla disperazione altrui. E’ questo un metodo storico, non lo si inventa ora, considerato che nell’emergenza tutto è consentito, facendo quindi l’esclusivo interesse di speculatori, senza coscienza.

Il sistema in cui viviamo è riuscito a farci dimenticare che le varie Amministrazioni pubbliche esistono con l’unico scopo di servire la cittadinanza, di assisterla nell’esigenze della vita quotidiana, di promuoverne le iniziative economiche, sociali e familiari.

Facciamoci tutti un esame di coscienza, quanti fra di voi, oggi, possono dire di essere stati serviti dalle Amministrazioni Pubbliche, nel perseguimento del vostro esclusivo interesse?

Il discorso vero è che gli Enti Pubblici, soprattutto nella congiuntura economica attuale, assumono sempre più l’aspetto di società di capitali, dove i Presidenti, Sindaci od altro, rappresentano il vertice di un Consiglio d’Amministrazione, composto da amministratori (Ministri, Assessori etc) ed il popolo rappresenta i soci di questa società, coloro che ci mettono le risorse economiche, che mantengono tutto il sistema, che si aspettano risultati in questi loro “investimenti”, ed invece non fanno altro che garantire, vantaggi, benessere e potere agli amministratori. In una società di capitali privata, la mancanza di risultati economici, nella gestione economica, produrrebbe l’immediato licenziamento di tutti gli amministratori, ebbene grazie alle chiacchiere della politica, ai talk show politici, sempre più simili al Grande Fratello, dove la frase più usata è “non mi interrompa, mi faccia concludere, io l’ho fatta parlare”, fateci caso è così, con applausi sempre messi al momento giusto, si è riusciti a distrarci dalla nostra sete di programmi e progetti, facendoci schierare con l’uno o l’altro personaggio, come in una partita di calcio, al di là dei risultati che questi ci prospettano.

Da questo, allora, nasce una nuova critica alla società civile.

Oramai siamo abituati a votare determinati personaggi, ed il giorno successivo al voto, schierarci e lamentarci contro di questi, nell’esigenza continua di cambiare, senza però mai farlo.

La più grande ipocrisia che compiamo, quotidianamente, è criticare i nostri amministratori.

Questi, infatti, sono fedelmente la copia esatta della società che amministrano, cioè noi.

Siamo stati noi a chiedergli di amministrarci, siamo stati noi a chiedergli di farlo in questo modo, siamo stati noi a garantirgli l’azione amministrativa che portano avanti ogni giorno, allora perché contestarli?

Sarebbe molto più saggio criticare noi stessi, la nostra società, il nostro modo di vivere la cosa pubblica.

Se nella scelta del voto, uno dei fattori determinanti, è il piccolo piacere finalizzato a se stesso, chiudendo gli occhi sullo sviluppo comune e duraturo, se nel votare i nostri rappresentanti ci affidiamo al colore della maglietta od al semplice nome, senza valutare le oggettive capacità di crescita che questi ci offre, perché dannarci l’anima dopo a contestarlo? Comunque, il giorno del voto, ci verrà ricordato il piacere offertoci, e noi ritorneremo a votarlo.

Guardate che questa non è una critica! Io non contesto chi, avendo ricevuto un piacere, una speranza, in un momento di difficoltà, è grato a chi gli ha migliorato, seppur sensibilmente, la vita. Io contesto chi sa solo criticare. Chi ha fatto questa scelta, la ha fatta nel pieno della ragione, ha visto il suo essere minimamente migliorato, eviti, però, di criticare l’azione generale del politico, poiché nella sua scelta se ne era dimenticato, si limiti al proprio singolare.

Senza, quindi, tediarvi ulteriormente, e senza ricordare che i piaceri che ricevete, dovrebbero essere degli obblighi senza corrispettivo, compiti di un amministratore che esiste per quel motivo, chiudo dicendo che il Comune unico non serve a nulla se tutti noi, nella scelta dei nostri amministratori, non cominciamo a valutare quella che è la visione globale dei nostri interessi, fin quando votiamo i nostri rappresentanti per la mera gratitudine, o per fascino, o per i colori che indossa, ci possono essere mille o un solo Comune, le cose non cambieranno mai, perché in un sistema economico, in una società, di persone o di capitali, l’unico interesse deve essere il progresso e la programmazione, e non gli uomini che l’amministrano.

Forio 26.05.2011

Avv. Gianluca Di Maio


1 Commento, Commenta o fai un Ping

  1. cirocastaldi - Data: 27/5/2011 08:42:43 - IP: 79.47.143.xxx

    La programmazione e l’amministrazione sono proposti e attuati da soggetti politici, votati per convenienza spiccia o interesse di parte. Grazie per la lezione di filosofia della politica degna di un futuro candidato……… ma e chiacchier nun jemp’n a panz.

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