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I sovversivi radiati dell’isola d’Ischia

di Emanuele Verde. In un piccolo paese il barbiere è un figura importante. A Forio particolarmente. È vero oggi, lo era ancora di più un secolo fa. Dal barbiere non ci si rade soltanto. Si discute. Di lavoro, di donne (quelle degli altri) di calcio, di politica. Col barbiere si parla di tutto, dentro e fuori il locale. Però bisogna fare attenzione a cosa si dice e soprattutto a chi ascolta.

Nell’agosto del 1900, pochi giorni dopo l’omicidio di Re Umberto I per mano dell’anarchico Gaetano Bresci, a Forio tiene banco la vicenda. Alla discussione partecipa tale Giovanni Castaldi, cugino dell’avvocato socialista Domenico D’Ambra (1874 – 1936) cui recentemente il comune di Forio ha con merito intitolato una strada. Giovanni saluta con favore il regicidio: «Bresci ha fatto bene». Chissà che non abbia aggiunto anche un «vafan…» alla foriana maniera. Da Napoli parte la segnalazione alla questura che però non prende di mira tanto il Castaldi, ma il giovane avvocato Domenico D’Ambra:

Ill.mo Signor Questore, come dovere verso la mia coscienza di italiano e verso la Patria io debbo manifestare alla S. V. Illustrissima che in Forio d’Ischia vive un giovane dichiarato già da moltissimo tempo partigiano spietato in partiti sovversivi di nome Domenico D’Ambra avvocato. Costui è già da diversi anni scritto fra i socialisti di questa città ed in quel comune il promotore di un circolo di giovanotti nelle cui menti ha istillato continuamente idee e proponimenti sovversivi ed anche oggi dopo l’infame assassinio di Monza non cessa di fare colà propaganda anarchica. […] Ha peraltro un cugino di nome Giovanni Castaldi di Silvestro il quale dopo il fatto di Monza un giorno nella stessa Forio dinanzi a diversi individui fra cui Antonio Calise barbiere fece apologia del regicidio. Il suddetto D’Ambra ha due abitazioni, una nel comune di Forio d’Ischia e un’altra in Napoli in via Miroballo num.6. Faccia perquisire contemporaneamente suddette case e vedrà se ho asserito il vero“.

La lettera è tra le carte del corposo fascicolo sull’avvocato Domenico D’Ambra (padre dell’avv. Nino D’Ambra), schedato nel Casellario politico centrale (Cpc) istituito nel giugno 1894 per annotare gli affiliati ai partiti sovversivi maggiormente pericolosi. Socialisti, anarchici, repubblicani e, dopo il 1921, comunisti e antifascisti in genere. Tra gli schedati isolani non c’è solo l’avvocato Domenico D’Ambra (a cui hanno intitolato una strada anche a Napoli, nei pressi di Piazza Carlo III), ma pure Luigi Patalano, il padre di Giuseppe “Bolivar” Patalano , e altre persone dal profilo minore (rispetto ai primi due), ma dalle storie ugualmente interessanti. Come Buono Ottavio Raimondo di Barano che, poveretto, viene segnalato come “pregiudicato politico” per essere stato iscritto solo un anno, nel 1921, al circolo repubblicano di Barano.

Il 16 aprile 1927 Ottavio Buono scrive alla Questura di Napoli chiedendo la radiazione dal novero dei sovversivi:

Ill.mo Signor Questore il sottoscritto è stato munito di carta d’identità personale, quale pregiudicato politico. Per la verità fu iscritto in un circolo repubblicano di Barano composto di oltre settanta soci, per circa un anno. Detto circolo si sciolse precisamente nel 1921 prima (illeg.) dell’avvento fascista. D’allora il sottoscritto si è ritirato a vita privata specificando tutta la sua operosità in lavori agricoli. […] E se non è iscritto al Fascio è soltanto perchè ad esso sono preposte persone che egli ha sempre ritenute dannose agli interessi del paese e che, d’altronde, non avrebbero accettato la sua domanda, come non accettarono altre più autorevoli e senza precedenti. Pertanto, ritenendo pregiudizievole la sua posizione, egli prega la S.V. Illustrissima voler far revocare il provvedimento in opera”.

Solo nel novembre del 1928, un anno e mezzo dopo la lettera di cui sopra, Ottavio Buono ottenne la radiazione dal novero dei sovversivi e con esso la restituzione del porto d’armi che pure gli era stato revocato a cagione delle sue simpatie repubblicane.

Non così Castiglione Raffaele di Forio. Esonerato dal servizio militare perchè troppo basso di statura (1,49 mt.) questo giovane fabbro foriano venne arrestato il 14 marzo 1925 per incitamento all’odio di classe. Aveva distribuito manifesti sovversivi, in cui pare fossero trascritte parti della lettera con cui il sindacalista rivoluzionario e fascista della prima ora Cesare Rossi accusava Mussolini di essere il mandante dell’omicidio Matteotti. Abbastanza per dovere attendere 11 anni prima di ottenere, nel 1936, di non comparire più nell’elenco dei sovversivi.

Chiudo chiarendo che non c’è nessuna ambizione storiografica da parte mia. Soltanto curiosità intellettuale. Passione per il dissenso e per chi ha il coraggio di dissentire pur sapendo che c’è un prezzo da pagare. Come l’anarchico Errico Malatesta (1853 – 1932) autore del bel libro “Fra contadini – Dialogo sull’anarchia” in cui c’è un passaggio che voglio condividere (ho un debole per le frasi a effetto):

Se sparissero i calzolai, non si farebbero scarpe; se sparissero i muratori, non si potrebbe far case. Ma che danno si risentirebbe se sparissero i signori? Sarebbe come se sparissero le cavallette“.

Sono d’accordo.


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