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“Greta & dintorni”. Il tema sull’ambiente cominciato nel 1994 e terminato nel 2019

di Francesco Di Crescenzo. La premessa. In una scatola con vecchie scartoffie ho ritrovato la brutta copia di un compito in classe del ’94, quando da diciottenne frequentavo l’ultimo anno delle scuole superiori. Il tema nella copia mancava della sua conclusione, che mi sono sforzato di fare adesso, visto che l’attualità della questione ambientale e climatica. Le parti con l’asterisco sono del 2019.

21/11/1994
V D comm.le
(Ist. E. Mattei, Casamicciola Terme)

La conoscenza e le risorse tecnologiche di cui oggi si dispone non garantiscono la tutela dell’equilibrio ambientale quando non siano sostenute da precise scelte amministrative e politiche.

La rivoluzione industriale, da cui hanno avuto origine tutti i sistemi e i mezzi di produzione e che sviluppati e perfezionati sono arrivati fino ad oggi, ha dato inizio ad una serie crescente di problemi, sia sul delicato equilibrio ambientale, sia di riflesso sulla vita degli uomini e del quotidiano.

Una nuova classe dirigente, dinamica ed istruita, la borghesia, aveva soppiantato la vecchia aristocrazia terriera, creando una nuova realtà economica, che correva con la macchina a vapore e il telaio meccanico, verso una nuova era.

Dopo aver ottenuto il potere economico, questa si affrettò ad avere anche quello politico per praticare un “laisseiz faire” che andava a danno sia dei lavoratori sia dell’ambiente che si andava sempre più degradando.

Per ottenere una vera e propria legislazione in favore dell’equilibrio ambientale si deve aspettare il nostro secolo, cioè la fase dello sviluppo chiamato post-industriale, nel quale pesa troppo il nuovo stato di cose, che ha comportato distruzione forestale, inquinamento causa di disastri ambientali, effetto serra e via discorrendo.

L’esempio del disastro di Cernobyl (1986) è lampante:

l’opinione pubblica italiana se ne rese conto e votò per femare il nucleare l’anno dopo in un referendum sul tema. Purtroppo è anche vero che queste centrali sono funzionanti in Francia (dove il 70% dell’energia prodotta viene da tale fonte) Belgio (66%) Svizzera (40%) e se succede un altro disastro anche noi italiani ne faremo le spese.

Il caso dell’alluvione di qualche settimana fa (si fa riferimento all’alluvione in Piemonte del novembre 1994 che fece 70 vittime, 2000 sfollati e danni per circa 5500 miliardi di lire*) è solo il più recente. È da attribuire tutto (o in un gran parte) alla furia del maltempo oppure la scelleratezza di politici e imprenditori senza scrupolo che costruivano case – strade – dighe – porti, che sono stati devastati come se niente fosse, ha avuto un suo peso nell’aggravare gli effetti? La legislazione e l’amministrazione italiana – non dimentichiamolo – è stata sempre dalla parte di questi signori: pur di sostenere l’economia e l’occupazione ha lasciato strada libera questi distruttori, distruggendo a sua volta, il nome dello Sviluppo, con strade, autostrade, viadotti e centrali idroelettriche, che pur non inquinando l’atmosfera se non costruite adeguatamente, creano premesse per i disastri futuri. L’attuale Governo (il riferimento è al Governo Berlusconi I*) improntato com’è verso i temi della ripresa, sviluppo e occupazione è poco propenso a riforme per l’ambiente che comportino un qualche peso per gli imprenditori, d’altra parte tutelati e favoriti.

Il risultato è che la Bella Italia potrebbe a poco a poco veder svanire le sue bellezze, punto di forza del turismo italiano, settore economico strategico poco considerato e affatto tutelato.

(*) E tuttavia nonostante il cupo scenario delineato, non si può né cedere alle sirene di una presunta “decrescita felice” né rassegnarsi al binomio crescita economica / scarso o nullo rispetto dell’ambiente. Tale problema vale anche per i paesi un tempo detti ad “economia socialista”, non immuni, ieri ed oggi, a disastri ed emergenze ambientali, spesso taciute o venute alla luce solo grazie a coraggiosi giornalisti – vedi il caso Grigory Pasko, che descrisse lo sversamento illegale di rifiuti radioattivi nel Mar del Giappone da parte russa. Paesi ricchi e poveri, democratici e non, collettivisti e liberisti sono tutti sulla stessa Terra.

Due elementi inducono alla speranza. Il primo è stato il tentativo di avviare un nuovo modello economico. Si riassume nel concetto di Sviluppo Sostenibile (1987, rapporto Brundtland “Our common future”): soddisfare le proprie esigenze individuali e collettive senza pregiudicare l’ambiente e la possibilità delle generazioni future di poter fare altrettanto.

Il secondo elemento è dato dall’azione di sprono verso alti standard ambientali fatto dall’Unione europea negli anni recenti. Programmi di finanziamento come il LIFE, oppure legislazione in materia di acque, rifiuti, sostanze chimiche, ecc. Unione che all’articolo 3 comma terzo del Trattato “si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa” basato su “un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”.

Quello che occorre quindi, almeno in Italia, è una classe imprenditoriale e politico- amministrativa, una “élite” , meno cinica e famelica di risorse, non concentrata esclusivamente sul qui e ora, capace di intraprendere e legiferare guardando al futuro e alle prossime generazioni, e non alla prossima scadenza elettorale.


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