IschiaBlog é un blog d'informazione e satira locale, un elenco dei negozi e servizi dell'Isola d'Ischia, un sistema di annunci ed un centro offerte di hotel a Ischia

Ischia Blog

Rischi naturali: non ci resta che piangere?

Qual è il livello di consapevolezza sull’isola d’Ischia?

di Bartolomeo Garofalo. La scorsa settimana si è svolto a Napoli un importante convegno sui rischi naturali come frane, alluvioni, terremoti ed eruzioni vulcaniche. È stata colta l’occasione per discutere, in particolare, sullo stato dell’arte del piano di evacuazione in caso di emergenza Vesuvio. Ho provato un po’ di delusione perché la partecipazione non è stata eccezionale. La sala Compagna di Castel dell’Ovo non era grandissima, eppure le sedie vuote erano tante. A parte i presidenti degli ordini regionali dei geologi arrivati da tutta Italia c’erano Mario Tozzi, il sindaco “di strada” di Napoli Luigi De Magistris, qualche assessore della Regione Campania, Vincenzo Morra, Direttore del DISTAR della Federico II, Giuseppe De Natale, Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, qualche docente universitario in pensione ed altre persone che non ho riconosciuto. Il convegno era aperto a tutti, ma non c’erano cittadini e non c’erano molti miei colleghi geologi che speravo di incontrare. In alcuni casi le presentazioni prendevano spunto dai recenti fatti di Genova, pur essendo il rischio vulcanico il tema principale del convegno. Per impegni di lavoro non mi sono trattenuto fino alla fine, ma quello che ho ascoltato mi è bastato per convincermi, ove mai ce ne fosse stato ancora bisogno, che c’è una quasi totale ignoranza in giro sul tema trattato nel convegno stesso.

Parlando della situazione campana, è bene precisare che l’Osservatorio Vesuviano gestisce una rete di monitoraggio molto fitta con la quale tiene sotto osservazione H24 il Vesuvio, i Campi Flegrei e l’isola d’Ischia, i tre sorvegliati speciali. Attualmente queste reti di monitoraggio comprendono sismografi, sensori della variazione della composizione chimica delle fumarole, gravimetri, magnetometri ma anche rilevatori GPS che consentono di misurare sollevamenti relativi e inclinazione del suolo, che riescono ad apprezzare anche frazioni di millimetro. Sappiamo, per esempio, che in questo periodo il livello del suolo nella zona del porto di Pozzuoli si sta sollevando di circa 15 mm al mese, mentre la cima del monte Epomeo si abbassa di circa 8 mm all’anno. Il direttore dell’OSVE, Giuseppe De Natale, nella sua relazione ha descritto la rete di sorveglianza e ha sottolineato che nei prossimi mesi, in particolare sull’isola d’Ischia, tale rete sarà interessata da una forte implementazione. I dati raccolti 24 ore al giorno dimostrano, tra le altre cose, che l’attività sismica e vulcanica nel sottosuolo di Ischia non si è mai fermata, ma non ci sono elementi che facciano pensare alla ripresa dell’attività vulcanica. Discorso a parte meritano i terremoti: non è ancora possibile prevedere con precisione quando avverrà la prossima scossa, anche se è noto che essi si concentrano nella zona nord occidentale dell’isola e gli studi affermano che ci saranno scosse importanti in futuro. L’ultima eruzione vulcanica è avvenuta nel 1302 e sono passati quindi più di 700 anni. Ce ne sarà un’altra? Difficile dirlo con precisione, ma direi che dovremmo preoccuparci di più del rischio sismico e di quello legato alle alluvioni.

Il terremoto di Casamicciola del 1883 provocò più di 2000 morti a fronte di una popolazione pari a circa un sesto di quello attuale. Oggi l’isola è abitata da 60 mila persone per 6 mesi l’anno e raddoppia tra aprile e ottobre. Senza voler entrare nel merito dell’abusivismo edilizio di cui si è scritto e detto di tutto, bisogna fare i conti con il fatto che le strutture costruite con criteri anti sismici sono una rarità a Ischia come in gran parte della Campania. E non parliamo solo di abitazioni, ma anche di edifici pubblici, delle scuole, ospedali, tribunali. C’è un episodio avvenuto a Fukushima, durante il disastroso terremoto del 2011: tutti gli allievi delle scuole di ogni ordine e grado furono recuperati dai tetti degli edifici scolastici in cui si trovavano durante il terremoto. Oltre a sapere di poter contare sul fatto che le strutture in cui si trovavano avrebbero resistito al terremoto senza crollare, sapevano anche che poteva esserci, come poi c’è stato, uno tsunami. Le decine di esercitazioni a cui partecipano gli allievi delle scuole giapponesi rendono automatico il loro comportamento in caso di terremoto che, va detto, è qualcosa all’ordine del giorno. Da noi i bambini delle scuole elementari quasi non sanno nemmeno cosa sia un terremoto.

Anche il rischio frane e alluvioni, dovuto alle mala gestione del territorio specialmente lungo il versante settentrionale dell’isola, viene spesso trascurato. Dopo gli eventi di Monte Vezzi e di Casamicciola poco o niente è stato fatto per mettere in sicurezza quei versanti, sebbene ogni tanto si senta parlare di questo o quel finanziamento stanziato per cancellare il pericolo una volta per tutte. Ma alle indubbie responsabilità delle amministrazioni locali che non hanno potuto o non hanno voluto spendere dei fondi che, a quanto pare erano già a disposizione per il risanamento del territorio, dobbiamo aggiungere quelle dei cittadini che non hanno mai smesso di violentare l’isola. Fino agli anni ’50 i boschi e i terreni che venivano coltivati erano mantenuti in condizioni perfette, c’erano i contadini che si facevano in 4 per tenere tutto pulito. Ed erano loro, quindi, ad occuparsi della manutenzione del territorio. Poi i boschi sono stati abbandonati, con il risultato che non si è fatto attendere e che sono sotto gli occhi di tutti. Dopo l’alluvione di Casamicciola del 2011 ho visto io stesso lo stato in cui versavano i valloni naturali che dovrebbero portare l’acqua fino al mare: ostruiti da rifiuti, interi alberi, foglie e in qualche caso addirittura intere abitazioni costruite dentro il letto del corso d’acqua. Ha ragione Mario Tozzi quando dice, riferendosi ai danni provocati dalle alluvioni che oramai avvengono in tutta Italia, dice che in molti casi non c’è altra soluzione che abbandonare il territorio che si è scelto di occupare in modo sconsiderato per non correre il rischio di perdere ben più che l’automobile o il negozio costruito dopo tanti sacrifici.

Uno degli interventi che ho seguito con maggiore attenzione è stato quello del prof. Tinti, dell’Università di Bologna. Il gruppo di ricerca che lui dirige studia da decenni gli effetti dei maremoti che pure ci sono stati nell’area del Mare Tirreno. Nelle loro ricerche, tra le varie tematiche che affrontano, simulano via software gli effetti che hanno provocato e che provocherebbero frane sottomarine e sub-aeree in aree costiere. Per esempio hanno simulato le variazioni del livello del mare nel Golfo di Napoli che furono provocate da un’enorme frana che si staccò dalla parte alta di Ischia e che si riversò in mare nell’area che attualmente è occupata dalla spiaggia dei Maronti. In una recente pubblicazione hanno invece simulato il maremoto che provocherebbe una frana che interessa qualcosa come 150 milioni di metri cubi di roccia. Il blocco che sarebbe interessato da questa frana è il cosiddetto Monte Nuovo, che sovrasta l’abitato di Forio. Se questa mega – frana dovesse attivarsi provocherebbe un’oscillazione del livello del mare lungo le coste di Forio, Lacco Ameno, Casamicciola e Ischia tra -30 e +30 m. Un vero e proprio disastro. Ovviamente sia nel caso più antico che in questo di Forio ci sono volute e ci vorrebbero delle forze immense per innescare la frana e si tratta di eventi legati esclusivamente alla non probabile ripresa di un’intensa attività vulcanica che, ripeto, attualmente è da escludere.

Sembrerebbe quindi che non ci sia alcuna soluzione a questo tipo di rischi. Dobbiamo rassegnarci ed essere fatalisti come ogni buon napoletano che si rispetti? Se fosse così, dovremmo pensare che tutte le popolazioni che ci hanno preceduto nel passato fossero costituite da pazzi sconsiderati. È vero, per esempio, che fino al 79 dC i pompeiani non sapevano nemmeno che il Vesuvio fosse un vulcano e che lo scoprirono loro malgrado quel 24 agosto. Ma è altrettanto vero che non è un caso che le popolazioni nel passato sceglievano di abitare la Campania perché a fronte di un tutto sommato limitato numero di rischi avevano un territorio fertile, facile da coltivare, da cui si poteva ricavare molto facilmente materiale da costruzione, con acqua in abbondanza. La differenza tra oggi e 2mila anni fa sta tutta nel numero di persone che abitano quest’area. E’ stato calcolato che nel caso di un’eruzione del Vesuvio bisognerebbe mobilitare un numero compreso tra 700mila e 2 milioni di abitanti. Questo per dire che abbandonare in massa il territorio in una sorta di esodo biblico non è una soluzione proponibile, almeno nell’immediato. Eppure io penso che qualcosa ancora si possa fare per limitare i danni: informare. La conoscenza del territorio in cui si vive è l’unica strada percorribile per mitigare il rischio. Conoscere il territorio significa essere consapevoli del fatto che si vive a stretto contatto con i rischi naturali. Significa essere consapevoli che appiccare un incendio vuol dire aumentare la probabilità che si inneschi una frana. Che costruire senza rispettare le norme anti sismiche vuol dire mettere in serio pericolo l’incolumità delle persone che vivono e frequentano quella casa, quella scuola, quell’ufficio pubblico. Che le precipitazioni stanno cambiando e gli eventi alluvionali saranno sempre più frequenti. E sono convinto che la strada da percorrere sia partire dalla scuola primaria. Credo che si possa parlare serenamente ai bambini e ai ragazzi fino 12 – 13 anni, poi le loro menti saranno, giustamente, attratte da ben altre tematiche. Il DISTAR della Federico II si è fatto promotore di iniziative di questo tipo, ma su 70 istituti campani contattati nell’anno scolastico 2013-2014, solo 2 hanno risposto positivamente. È chiaro che si tratta e si trattava di iniziative a costo zero, ma che avrebbero un enorme impatto sociale. Certe volte un’iniziativa del genere può essere vista come una sorta di intimidazione, quasi a parlare fosse Gandalf che dopo aver lottato con il Ballrog sul ponte di Khazad – Dum urla alla Compagnia dell’Anello “Fuggite! Sciocchi!”. Per quanto mi riguarda io cercherò anche quest anno di proporre alle direzioni scolastiche isolane un seminario, una presentazione, una semplice chiacchierata su queste tematiche. Non è possibile che le generazioni future crescano senza essere consapevoli del fatto che la natura va rispettata, che ci sono molti modi per ridurre il rischio legato a eventi naturali. I bambini vanno educati a reagire correttamente e in modo sicuro nell’eventualità in cui avvenisse, per esempio, un terremoto mentre sono a scuola. Le direzioni scolastiche dovrebbero preoccuparsi di organizzare almeno un paio di volte all’anno delle esercitazioni per l’evacuazione delle scuole. Dobbiamo smetterla di aspettare che qualcuno ci dica che cosa dobbiamo fare, come dobbiamo comportarci, quali sono i rischi e i pericoli. Dobbiamo cominciare a prendere l’iniziativa, a informare e a confrontarci su questi temi, senza paura e senza ipocrisia. Non possiamo concederci il lusso di fare finta di niente nascondendoci dietro un dito e sperare che non accada anche a noi.

Per saperne di più:
bartolomeogarofalo.wordpress.com


2 Commenti, Commenta o fai un Ping

  1. lucia manna - Data: 23/10/2014 13:50:56 - IP: 87.7.138.xxx

    Esimio dott. Garofolo come lei ben sa Alfred Rittmann nel 1926 approdò a Napoli e all’istituto di mineralogia si interessò del Vesuvio occupandosi prevalentemente di Ischia. Stranamente conosco la storia di questo famoso vulcanologo perchè sposò una dolce biondina napoletana semplice (distensiva per i suoi studi) lontana parente di mio marito. Lo studioso ricercatore con altri famosi vulcanologi sostennero che quello di di Casamicciola non fu un vero e proprio terremoto visto l’epicentro di quella entità nella stessa zona termale. Unanime, e ancora oggetto di studio a tutt’oggi, dichiararono che un terremoto così massiccio avrebbe dovuto inghiottire tutta l’isola d’Ischia. Lei cosa può dirci in merito? Grazie. Distintamente la saluto Lucia Manna

    Current score: 1
  2. norman - Data: 28/10/2014 19:51:24 - IP: 87.7.137.xxx

    Ottimo articolo.
    Per quanto riguarda la storia dell’insediamento umano, bisogna sempre ricordare che ci sono dei buchi nel popolamento dell’Isola. Sappiamo che l’attivita’ sismica e vulcanica scaccio’ i primi coloni Greci, e successivamente, verso l’inizio dell’era cristiana, Augusto preferi’ Capri ad Ischia perche’ piu’ stabile dal punto di vista geologico ( iniziando una rivalita’ che dura ancora). Non credo poi che abbiamo ancora capito come la citta’ di Aenaria sia sprofondata sotto il Castello Aragonese.
    Ma alla luce di tutto questo, Dr. Garofalo, cosa pensa dei progetti che prevedono la trivellazione profonda per l’elettrogeotermia, reputata possibile causa di microterremoti ? So che se ne occupano imprese basate sulla nostra isola.

    Current score: 0
NOTA BENE
  • I commenti ritenuti diffamatori saranno cancellati.
  • Messaggi ostili, provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, col mero obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi saranno cancellati.
  • Dopo aver inviato un commento riceverai una e-mail di verifica. Clicca sul link presente nella e-mail per verificare il tuo indirizzo altrimenti il commento non sarà pubblicato.


Ti invitiamo a rispondere a “Rischi naturali: non ci resta che piangere?”:



Ischia: Recensioni Hotel
Efficienza energetica ||