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la storia di Forio D´Ischia

Le prime colonie greche abitarono ancora Forio – secondo l’opinione del de Siano.
Queste prime colonie greche, che si stabilirono su questa pianura, furono le doriche, cioè le Siracusane, rimaste in quest’isola sotto gli ordini di Pacio Nimpsio e di Maio Pacillo, dopo la disfatta de’ Tirreni.
Una tale opinione fu registrata dal d’Aloysio, indi ripetuta dall’Anonimo Oltramontano.
Dalle falde del promontorio Imperatore alla valle di S. Montano, era una pianura fertile e ridente: i Siracusani si allettarono di quel sito, e nel mentre all’incantevole spiaggia sottoposta all’Imperatore erigevano il loro tempio a Venere-Citerea – la cui statua in marmo bianco – al dir dello stesso Oltramontano – fu scoverta verso il 1792, e vandalicamente distrutta.
Dall’opposta parte, sul vertice del promontorio di Vico principiarono la muraglia di quella fortezza che dovea guardare la città sottoposta ad occidente e dominare la negropoli già esistente nella sottoposta valle, accosto al mare, al’ingresso della città, sulla strada maestra, come era costume fra greci, ed indi fra romani di poi di stabilire i loro cimiteri.
L’eruzione de’ Caccavelli scacciò questa colonia; la stessa seppellì la città sotto le lave di Zaro e Marecoco.
Gli elementi si ammansirono, ed accorsero i Partenopei, indi i Romani.
I monumenti scoverti, i vasi dissotterrati, le voci latine intromesse nel dialetto dorico, ci comprovano che partenopei e romani vi si accasarono.
Sopravvennero i Siciliani, ai tempi di Giulio Cesare, e vantando dritti di proprietà sui terreni occupati dai napoletani, come aventicausa dagli espulsi Siracusani, ne reclamarono il rilascio. Giulio Cesare fece dritto al loro reclamo, e quindi i Siciliani occupano questa contrada.
A tal proposito riportiamo le parole del d’Aloysio – “Forio ebbe origine dai siciliani, i quali trovando un clima al genio loro confacente, ivi si fermarono e moltiplicarono, e l’appellarono Fiorio.
Irruppero i barbari, queste pianure furono devestate, i superstiti si ricoverarono sui monti e sulle colline.
Coi Normanni e coi Svevi rimase l’isola ammiserita, e ciò nonpertanto i Foriani erigevano chiese, e si moltiplicarono, dando prova di costanza e valore indomabile.
Succedea la dinastia Angioina, Sicilia si commoveva al Vespro, ed i figli de’ Siciliani tumultuavano anch’essi, gridando per queste pianure – Fuori i Francesi.
La fertilità del luogo piacque ai nuovi usurpatori, e mentre i soldati di Carlo II devastano questi campi, gli antichi coloni non si allontanano, che coll’eruzione del 1301.
Ma ritornano nel 1305 e soddisfacendo voti, per non essere stati danneggiati nella proprietà e nella persona dal fuoco dell’eruzione del Cremato, costruiscono chiese e cappelle a S. Antonio Abate.
Gli Spagnoli sopravvengono cogli Aragonesi, e Catalani, e Siciliani corrono a dissodare od occupare questi vigneti Рe quindi i Lopez, i Galiz, i Jonchez si piantano qui Рe con essi i Corsi da Corsica, e poi altri da Malta, che prendono pure il casato dal luogo natio e diconsi i Maltese, altri da Mat̬ra in Puglia, e prendono il cognome di Mattera, o Matarese, altri da Sorrento, da Amalfi, dalla Toscana, e sono i Sorrentino, gli Amalfitano, i Fiorentino, costoro col loro casato danno nome ai primi vichi detti anche oggi Casa-Jonchese, Casa-Corso, Casa-Calise, Casa-Mattera, Casa-Maltese, Casa-Fiorentino.
Ma altri coloni, ignoriamo se più tristi, o più infelici, ma più miserabili già esistevano, ed i vichi – Casa Patalano, Casa Di Majo, Casa-Verde nel centro del paese; Casa D’Ambra, Casa-Castaldi e Casa d’Ascia alle falde del Monte del Borgo di Monterone, si erano già popolati da queste famiglie e parenti.
Venne la pirateria – Barbarossa fece nel 22 giugno 1544 il suo fatale approdo, anzi la sua tremenda invasione e spopolò il paese – Forio rimase disabitata ed incolta, squallida ed ammiserita.
Basta il seguente aneddoto attinto da una cronaca di famiglia per dimostrare la posizione sociale di questa Terra.
Erano due fratelli chiamati Giovanpietro e Giovannangelo Patalano agricoltori, i quali in ogni dì si partivano dal castello d’Ischia – ove avevano stanza – e si portavano in Forio; e precisamente a quella campagna ove si dice il Canto alla contrada Spadara, per dissodarla, ed occuparne quell’estensione che avrebbero potuto coltivare, essendo il luogo abbandonato, ed impiegare alla semina del grano.
Il più vigilante e solerte si era Giovannangelo, l’altro più tapino ed infermiccio, perciò più tardi intraprendea il suo viaggio, e giungea sul luogo a sole alzato.
Un mattino Giovanpietro portandosi al detto luogo, non vi trovo il fratello, il quale di molte ore lo precedeva nel lavoro, uscendo dal castello molto prima dell’alba. Chiamò non fu risposto. Natogli il sospetto di essere stato predato dai corsari, guardò sullo scoglio delle cammarate e vide che una piccola fusta barbaresca, aveva issata la bandiera bianca, in segno d’invito ai parenti di mandare a riscattare il cattivo, pagando la tariffata somma di 34 soldi – cosa incredibile!
Il paese era disabitato e meschino, pochi coltivatori e dissodatori di terreno vi dimoravano, fu inutile raggranellare la meschina somma pel riscatto; dovette correre al castello, farsela imprestare, e prometterne la restituzione in grano al tempo della mietitura, per mancanza di numerario, frutto di commerci e di traffici qui estinti – Ritornò trafelato e stanco Giovanpietro col prezzo del riscatto; ma la galeotta aveva salpata e Giovannangelo Patalano andò schiavo fra i turchi.
Quando la pirateria si frenò in parte, e gl’isolani si abituarono a tali invasioni, ed a saperli respingere e combattere, acquistando nella lotta e nei pericoli coraggio ed energia, allora questo Comune si ricominciò a popolare sull’antico piede, ed a riattivare le sue industrie.
Il terreno esteso e piano, le spiagge basse ed arenose doveano allettare gli agricoltori scampati a ripigliare lor sede: nell’abbandonato tugurio, e tutti – antichi e nuovi occupatori – vi accorsero fin da Ancona e da altri punti della Romagna, ed accasatisi colla colonia indigena, o affratellatisi con costoro nelle industrie, nei traffici, e nel culto divennero foriani anch’essi.
S’inalzarono tosto tempi e chiese, prima modeste e barocche, poi spaziose ed a disegno, in diversi centri.
Cappelle si costruirono per le campagne, e case rurali in quei contorni. Ma le chiese in sì gran numero vi provano una numerosa popolazione; le torri che si costruirono su due linee per l’intera lunghezza del territorio, sia nell’interno che nell’esterno della Terra, confermano l’importanza della popolazione di quattrocento e più anni dietro.
Alle chiese ed alle torri si accoppiano gli avanzi ed i ruderi degli antichi fabbricati distrutti dal tempo: le antiche case magnetizie costruite alla medio-evo, delle quali qualcuna ancora sta in piedi, e questi eloquenti testimoni del passato, vi provano l’antichità di questa antica terra che il Jasolino fin dal 1550 la trovava più spopolata dell’isola.
Queste strade strette ed a sghembo, queste chiese crollate per vetustà, o vetuste per costruzione, questi tempi vasti e, in rispetto all’isola, sontuosi; queste opere di pennello, di scalpello, e di cazzuola di artisti foriani del XVI e XVII secolo, questo caseggiato compatto, incatenato, ed esteso, dimostrano l’antichità della fondazione del casale di Forio, la civiltà a cui presto si arrivò, la importanza cui pervenne nell’isola.
Si fissava la tassa del fuoco in quest’isola al finir del 1779 e nell’Università di Forio furono contate 1141 famiglie o fuochi; cioè nel capo-luogo di Forio, fuochi 1059, nel casale di Panza numero 82.
Con disposizione del 17 dicembre 1779 fu fissata un imposta fiscale di carlini 5 a fuoco.
Verso la fine del passato secolo questa popolazione, come abbiamo accennato, sull’autenticità del Jasolino, del d’Aloysio, del de Siano, e de Giustiniani, ascendea ad ottomila anime.
In questa popolazione allora primeggiavano uomini eminenti, che alla coltura dell’ingegno, accoppiavano amor di patria ed onestà positiva.
Ecco le precise parole di uno scrittore dell’Isola, dettate forse più di 120 anni dietro – Del Dottore d’Aloysio.
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Ove sono andate queste abitudini di coraggio e di ardimento?
La popolazione di Forio dal 1800 al 1820 si assottigliò fino a 5500 anime – Dal 1820 al 1837 si accrebbe a circa 7000 – Il Colera del 37 ne mietè la sua parte, ma furono ben tosto colmati i vuoti, che questo fiero flagello fece in questo Comune in detta epoca.
Vennero gli anni della crittogama, e della miseria, dell’emigrazione in Algeria, ed altri guai, e questa popolazione si assottigliò per tutte queste cagioni, e ridusse quale ora risulta dall’ultimo censimento in 6550 abitanti, componenti 1600 famiglie, cioè Forio 1400 – Panza 90 – Abitanti – Forio – 5650 – Panza 900.

Tratto da: Storia dell’Isola d’Ischia – Giuseppe D’Ascia – Li Causi Editore.
Testo originale a cura del Centro di Ricerche Storiche d’Ambra – Forio d’Ischia.
Ciro Piro


3 Commenti, Commenta o fai un Ping

  1. daniela bettella - Data: 1/11/2011 13:09:43 - IP: 82.57.146.xxx

    interessata alla conoscenza di questa meraviglia di isola tirrenica ho prevalentemente cercato immagini, photo d’epoca, e/o brevi video: niente. E’ troppo poco per una gemma naturale di tale fattura… Credo possibile migliorare il vostro interessante sito, che desidero publicizzare, con un corredo iconografico, visto il livello di ‘mirabilia’ a vostra disposizione.
    Cordialmente saluto daniela da Velletri

    Current score: 0
  2. morival - Data: 3/6/2012 09:12:13 - IP: 83.195.89.xxx

    Bonjour,
    Ma famille est originaire de forio : Silvestro Verde né en 1778 marié avec Maria Michela Guida. Avez-vous des renseignements sur ces personnes.

    Merci beaucoup.

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  3. Massimo Scarpati - Data: 4/11/2012 19:17:26 - IP: 80.181.73.xxx

    Da cittadino onorario di Forio ed avendo lavorato per molti anni in Algeria
    sarei contento di poter ricevere informazioni sulle antiche emigrazioni dei foriani verso l’Algeria. Ringrazio e saluto con affetto.

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