Ischia e l’integrazione degli opposti
Che ad Ischia ci fossero troppi hotel, è cosa già detta. Quest’isola rappresenta il mondo come un modellino in scala, una simulazione controllabile di ciò che avviene a livello globale. Essendo l’obiettivo prioritario quello di monetizzare, passa in secondo piano la valorizzazione del paesaggio ma è un gioco a somma zero dove ciò che si guadagna viene tolto da qualche altra parte, rivelandosi, a lungo termine, controproducente e utile come una coperta più corta del dovuto. Ciò spesso accade perché la realtà ideale è troppo lontana da quella da affrontare ogni mattino con le incombenze che incalzano, che spesso sono falsi bisogni indotti che però diventano prioritari per poter essere individui socialmente accettati.
Riuscire a capire cos’è ciò di cui si ha realmente bisogno ci renderebbe uomini e non automi, ma se questa consapevolezza non si generalizza la strada è quella della solitudine. Ischia conosce il lusso e la povertà, la socialità e l’isolamento, il benessere e il malessere, l’inverno e l’estate. Non scindere tali opposti, ma comprendere che appartengono alla medesima realtà, conduce a una nuova consapevolezza, una visione integrata di sé e del mondo.
Le emozioni sono sempre intense, su quest’isola, per i turisti ma anche per i residenti che hanno avuto la possibilità di migliorare notevolmente la qualità della propria vita grazie al fenomeno turismo ma è una corda in tensione che viene tirata da più parti. La maggioranza di coloro che avevano la possibilità di edificare lo hanno fatto senza mezzi termini ma il tutto si è svolto senza regole, anzi peggio, con regole sottaciute.
Ora sembra che stia per arrivare il condono ter, grazie alla promessa del quale sono state vinte le elezioni regionali. Da un lato è arrivato il bastone delle demolizioni, dall’altro la carota. Difficile accettarlo, ma vengono elargiti dalla stessa mano. Questa nuova consapevolezza potrebbe aprirci le porte ad una visione della realtà meno schizofrenica e Pithecusa diventerebbe perfetta. Un sogno? E’ quest’isola che me li provoca.
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