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Il cammino di Alberto (FOTO)

di Emanuele Verde. Il web è pieno di storie di uomini e donne in fuga. L’analista finanziario che molla Londra e apre un agriturismo in Maremma; il pubblicitario che da Milano si trasferisce con moglie e figli a Bali “perchè non ha senso vivere tra asfalto e cemento“. La filastrocca, poi, è quasi sempre la stessa: “i soldi non erano un problema, l’abbiamo fatto perchè avevamo bisogno di altro“. Confesso che questa deriva radical-chic mi dà un po’ sui nervi, anche se trovo più inquietanti quei siti che promettono di aiutarti a “espatriare senza sbagliare una mossa” con tanto di consulenti da Tamarindo a Dublino. Il target, in questo caso, è diverso: non più il borghese “new age“, ma orde di cassintegrati, precari, a progetto, senza progetto, con qualche speranza, senza più speranza. Tutti – quasi – con le “pezze al culo“. Insomma, non lo scopro certo io, l’infelicità è un mercato vastissimo. Probabilmente, il più grande di tutti. Capita, però, di imbattersi in storie diverse, in scelte davvero radicali ma per niente chic, che fanno riflettere chi (io tra  questi) passa parte del suo tempo “surfando” verso “siti” lontani.

La storia di Alberto

Ho conosciuto Alberto una fredda domenica di dicembre, durante un’escursione ai Pizzi Bianchi in compagnia di Francesco Mattera del CAI e Agostino Iacono di “Epomeo in sella”. È stato proprio quest’ultimo a presentarci il suo amico spagnolo: Alberto, il “pellegrino di Compostela“. Un pellegrino speciale, in cammino da quasi 2 anni: prima su e giù per la Spagna (lungo le 4 vie del cammino); poi, dalla Spagna fino a Roma, seguendo la Via Francigena; infine, ancora più a sud, direzione Maratea, fino allo “sbarco” a Ischia per incontrare Agostino.
Due le differenze rispetto alle storie cui si è accennato prima: anche per Alberto “i soldi non sono un problema” nel senso, però, che ha scelto di farne a meno, barattando più volentieri la sua forza lavoro con un pasto caldo e un posto dove dormire. L’altra differenza è che il viaggio non è ancora terminato, almeno finchè durerà quella che lui chiama la “magia del cammino“.

La magia del cammino
O miracoli, provvidenza, energia, spiritualità, mettetela come vi pare. Una delle “magie” è stata proprio l’incontro con Agostino Iacono avvenuto a Lucca, l’estate scorsa. Agostino, in mountain bike, da Milton Keynes (città a nord di Londra) verso Ischia; Alberto, invece, a piedi, diretto a Roma.
-“Ehi pellegrino, fermati a bere qualcosa” – l’invito caloroso di Agostino che li ha fatti conoscere. Da qui la scoperta di avere parecchie cose in comune. Due in particolare: l’estrazione montanara una (Alberto viene da un piccolo paese nella comunità autonoma valenciana a 600 m. s.l.m.; Agostino, più o meno stessa altitudine, da Fontana, ai piedi del Monte Epomeo); l’altra, una passione sconfinata per i cavalli, che poi è il motivo per cui Alberto si trova a Ischia. Prima però di approfondire quest’aspetto c’è un’altro “milagro” da raccontare.

La pietra a forma di cuore
Dopo l’incontro a Lucca (snodo importante della Via Francigena) con la generica promessa di rivedersi a Ischia, Agostino prosegue il suo viaggio verso casa; Alberto, invece, alla volta di Roma. Lungo il tragitto trova una pietra strana, a forma di cuore, o forse è la pietra che trova lui, chissà. Giornate faticose sotto il sole sorridendo a chi gli nega ospitalità, anche quando si tratta di un prete che pure sa bene di avere avanti a sè un pellegrino con l’inconfondibile capasanta di San Giacomo al collo.
– “Quanto manca al prossimo paese?” – chiede allora Alberto. – “5 o 6 chilometri” – l’imperturbabile risposta. Succede però che una persona sull’uscio di una locanda inviti Alberto a entrare. La conchiglia stavolta funziona come segno di riconoscimento e il pellegrino ottiene dalla proprietaria del ristorante buon cibo e un posto per dormire. La serata fila via con le reciproche presentazioni e la promessa di far visita l’indomani a un allevamento di cavalli dove potrebbe esserci del lavoro da fare. Viene il giorno atteso ma il lavoro purtroppo non c’è. A casa della signora c’è, però, in bella mostra, una collezione di  pietre a forma di cuore. È il segnale. La sua Alberto la tiene ancora in tasca, ma in quel momento capisce che quella pietra trovata per strada è la ricompensa di tanta disponibilità. Le lacrime della donna sono la prova che l’umanità conta più del denaro. Per il lavoro, invece, c’è Agostino a Ischia. Meglio, a Fontana, proprio sotto la cima del “gigante buono dell’isola d’Ischia“.

La doma naturale dei cavalli
È a Ischia che Alberto ha trovato un progetto cui finalmente dedicarsi. E un motivo per fermarsi un po’ prima di ripartire per chissà dove. I cavalli di “Epomeo in sella” da qualche anno hanno ripreso ad accompagnare i turisti in cima al Monte Epomeo, proprio come un tempo facevano i “ciucciai” che stazionavano in Piazza IV Novembre a Fontana. Il merito è di Agostino Iacono e dei ragazzi che insieme a lui hanno voluto riprendere questa vecchia tradizione di genitori, nonni e parenti. I cavalli, però, hanno bisogno di altre attenzioni rispetto agli asini. Soprattutto, negli ultimi anni, anche in Italia, ha fatto breccia la gestione naturale del cavallo. L’idea, cioè, che bisogna innanzitutto prendersi cura del benessere psico-fisico dell’animale, ricreando, nei limiti del possibile, le condizioni di vita che avrebbe trovato se fosse cresciuto allo stato brado. In particolare, uno dei passaggi fondamentali della gestione naturale del cavallo è la monta senza filetto. Anzichè premere sulla bocca, come avviene con l’imboccatura tradizionale, si usa il sistema “hackamore”, particolare forma di imbracatura che fa pressione sul naso stressando di meno l’animale. Ebbene, Alberto è un maestro di questo sistema, tra l’altro inventato proprio in Spagna, che funziona, però, solo a patto di conoscere a fondo le abitudini del cavallo, quasi vivendo in simbiosi con esso. Perciò, da settembre ad oggi è questo il lavoro di Alberto: la doma naturale dei cavalli di “Epomeo in sella”.

Segni
Il posto, poi, è (forse) un altro dei tanti segni che Alberto ha trovato lungo il suo cammino spirituale. A poco più di 100 metri dal piccolo ranch di “Epomeo in sella” c’è, infatti, l’antico eremo di San Nicola, dove sono vissuti diversi anacoreti, tra cui i due più famosi Fra Giorgio Bavaro e Giuseppe D’Arghout. Chissà, perciò, che a distanza di secoli l’eremo di San Nicola non abbia trovato un nuovo ospite. Intanto, Alberto è lì tutte le mattine a suonare la campana di questa piccola chiesa rupestre sulla cima del Monte Epomeo. Un saluto, doveroso, alla vita, e all’isola che lo ospita già da qualche mese.

 


1 Commento, Commenta o fai un Ping

  1. Alberto belda castello - Data: 20/3/2016 21:47:37 - IP: 62.175.212.xxx

    Hola soy sobrino de Alberto
    Me gustaria hablar con el ,ya que tengo algunas noticias que contarle,
    Nose como contactar con el…

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