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Crisi finanziaria: come e cosa affrontare

Per comprendere le vere cause della crisi finanziaria è indispensabile sapere che ci troviamo di fronte a tre crisi in una. Nessuno, in questo schema, si è dato carico degli elementi dissipativi che erano impliciti nello sviluppo, nel momento in cui consumava beni comuni, quelli che gli anglosassoni chiamano commons: ambiente, risorse naturali, cultura, conoscenza sociale. Tutti beni che, non essendo presidiati da un proprietario privato ed essendo solo in parte coperti da una tutela pubblica, sono stati quasi sempre consumati dalla produzione senza che i beneficiari si dessero carico di ricostituirli.

Adattato da uno scritto di Enzo Rullani – Photo by roland

Ma lo sviluppo, diventato in questo modo dissipativo, alla fine si ferma proprio perché, correndo avanti sulla propria strada, non si è fermato a rigenerare quanto consuma, passo per passo, nel suo procedere.
Gli economisti hanno da tempo, almeno in teoria, identificato questo problema con le diseconomie esterne (ambientali) che, quando i beni sono comuni, non vengono rilevate dai prezzi e dunque non entrano nei costi di produzione in base ai quali si fanno i calcoli di convenienza e di seleziona, sul mercato, la soluzione “vincente”. La presenza di esternalità (negative o positive) distorce i prezzi relativi e dunque induce scelte meno efficienti del massimo che sarebbe ottenibile se costi e ricavi fossero tutti “interni” (rilevati dal calcolo di convenienza e dal mercato).
Il rimedio tradizionale proposto a questa failure del mercato, che riduce il grado di efficienza, è quello della tassazione che trasforma le diseconomie esterne in costi interni, ripristinando la fisiologia del mercato.
Ma, a parte la difficoltà di trovare il consenso adeguato per tassare le diseconomie, molte difficoltà si frappongono all’uso di questo rimedio. La questione dell’insostenibilità, infatti, non riguarda solo la produzione accidentale di diseconomie esterne, correggibili con la tassazione: il problema è più grave. E consiste nel fatto che i beni comuni, quando vengono dissipati, diventano alla fine scarsi e inefficienti bloccando lo sviluppo e rendendo impossibile andare avanti per la stessa strada. E’ difficile correggere ex post, con una tassa una condizione in cui l’energia costa troppo o l’inquinamento impedisce di andare avanti con la produzione industriale in certe aree.

Quando l’economia moderna ha a che fare con i beni comuni, la questione chiave che deve essere affrontata è quella della valorizzazione. Se servono a produrre valore, occorre che una parte di questo valore torni non solo a ricostituirne la consistenza ma a rigenerare il bene di partenza, innovandolo, esplorando nuove possibilità e nuovi significati. Questo non si può fare solo con la tassazione che inibisce usi dissipativi gratuiti, ma richiede la costruzione di istituzioni ad hoc, che abbiamo questa missione (Barnes).

Chi deve pensare a trasformare l’uso dissipativo di beni comuni in valorizzazione riflessiva degli stessi?
Questo è un grande interrogativo e un discrimine politico vero: altro che continuare la guerra dei cento anni, tra liberisti e statalisti. Pensiamo a questa nuova frontiera della riflessione economica e della politica: la comunità reclama un uso del mercato e dello Stato che sia funzionale alla valorizzazione dei beni comuni, e chiama le intelligenze personali e le relazioni sociali a fare la loro parte, affiancando le forme tradizionali di mercato e di Stato che dovrebbero sempre più essere innervate di aspetti comunitari.
Un programma non per domani, ma che non tramonterà con la fine della crisi recessiva attuale. Avremo per nostra disgrazia e per nostra fortuna, molte altre crisi, negli anni futuri, a ricordarci della sua urgenza.

Tre crisi in una

– una crisi da interdipendenza non governata, che ha sfasciato i rapporti tra domanda e offerta, portando a picco i valori attribuiti dai mercati agli assets materiali e immateriali di cui disponiamo (e che non sono spariti, anche se nessuno li vuole comprare, trascinando i prezzi verso lo zero);

– una crisi da squilibri competitivi non facilmente aggiustabili, dovuta alla perdita della distanza che isolava in precedenza paesi dotati di costi del lavoro assolutamente inconfrontabili e che oggi invece fanno parte dello stesso villaggio globale. Mettendo in moto dinamiche competitive di grande portata, tali da portare stabilmente fuori equilibrio molti capitalismi nazionali (tra cui il nostro), bisognosi di un drammatico riposizionamento;

– una crisi da insostenibilità, in tutti quei campi – e sono molti: ambiente energia, cibo, cultura, conoscenza sociale – in cui la crescita è andata avanti dritta per la sua strada, senza curarsi di rigenerare le sue premesse. Oggi che scendono in campo miliardi di cinesi (e altri) ci rendiamo conto di quanto la crescita passata sia stata dissipativa e di come occorra ripensare allo sviluppo in termini maggiormente riflessivi, ossia dandosi carico degli effetti innescati dalle singole scelte sugli equilibri complessivi del sistema, nel
lungo periodo.

Queste tre crisi sono intrecciate, nella situazione che dobbiamo oggi fronteggiare, ma – per venirne a capo – vanno distinte l’una dall’altra.

Via firstdraft.it – Adattato da uno scritto di Enzo Rullani:

Visioni della crisi: ma davvero bastano le ricette della nonna per rimettere
insieme la maionese impazzita?


3 Commenti, Commenta o fai un Ping

  1. GioCo - Data: 4/3/2009 10:12:29 - IP: 141.41.254.xxx

    Ottima ricerca Max, super interessante.

    Current score: 0
  2. m@x - Data: 4/3/2009 14:06:32 - IP: 83.60.61.xxx

    Valorizziamo i beni comuni! :)

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  3. Fabio - Data: 4/3/2009 14:47:15 - IP: 24.47.108.xxx

    Non si possono piu valorizare i beni comuni perche non ne abbiamo piu grazie ai Comuni stessi. Avevammo le acque che la natura ci ha datto e le abbiamo valorizate per poi darle ai privatti per quattro soldi vedi Nitrodi e i Posidon. Mi meraviglio che Sorceto sia ancora gratis. Avevammo fior di spiagge le abbiamo valorizate e poi le abbiamo dato ai privati cosi non abbiamo nemenno piu le spiagge libere. Avevamo dei posti e strade incantevoli grazie al continuo lavoro dei nostri genitori e noi cos abbiamo fatto? Le abbiamo date in gestione a delle ditte per farci le strisce blu. Non valorizate piu niente altrimenti i comuni si prenderanno pure quello.

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