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Vulcani campani e incubi notturni

di Bartolomeo Garofalo. Un rapporto redatto da ricercatori dell’INGV e CNR era stato consegnato alla Protezione Civile alla fine del 2012. Cosa c’era scritto in quel documento? Non era dato sapere, perché era classificato come confidenziale. Essendo i sei autori tra i massimi esperti dei vulcani campani, non è difficile immaginare di cosa parli.

Il Corriere della Sera di ieri, 1 Novembre, ha pubblicato un articolo nel quale ne descrive il contenuto, parte del quale era trapelato negli anni. Si legge che il Gruppo di Lavoro aveva cominciato a lavorare a questo report nel 2009 e i ricercatori si erano incontrati 21 volte per definirne i contenuti. Al paragrafo 3 di tale rapporto si legge:

Il GdL ritiene doveroso chiarire fin dall’inizio del presente rapporto che per la natura del sistema vulcanico, il suo stato attuale, e i livelli di urbanizzazione dell’area, il problema di rischio vulcanico posto dal sistema dei Campi Flegrei rappresenta senza alcun dubbio uno dei maggiori, se non il maggiore, a scala mondiale. Non esiste infatti altrove una situazione confrontabile, per la concomitanza tra un sistema vulcanico in grado di produrre eruzioni esplosive anche di grandi dimensioni, le incertezze legate alla natura del sistema vulcanico e all’individuazione di segnali precursori, il livello di urbanizzazione e la concentrazione di attività produttive nelle aree potenzialmente a rischio. Una grande eruzione ai Campi Flegrei, possibilità non del tutto remota, avrebbe conseguenze tali da distruggere profondamente il tessuto infrastrutturale dell’area napoletana, probabilmente causando gravi conseguenze economiche a livello nazionale ed europeo.

L’introduzione, quindi, lascia ben poco spazio a fraintendimenti: si parla della zona a più alto rischio vulcanico dell’intero pianeta. Nel report si parla poi dell’evoluzione vulcanica dell’area, delle conoscenze acquisite nel corso degli anni grazie allo sviluppo delle tecniche di indagine geofisiche dirette e indirette, delle crisi bradisismiche degli anni ’70 e ’80, del sistema di monitoraggio (parametri chimici, geodetici e sismici), dell’attività sismica recente. Al paragrafo 6 si legge:

Per la gestione di una futura crisi vulcanica è necessario riconoscere prontamente i segnali anomali e relazionarli ai processi fisici in corso, nonché fornire rapide risposte a possibili eventi inattesi. A fronte di queste necessità, ciò che si ha a disposizione è: i) una conoscenza ampia ma incompleta delle fenomenologie vulcaniche, in special modo di quelle profonde relative alle fasi pre-eruttive; ii) una notevole varietà di interpretazioni delle fenomenologie osservate, in particolar modo in relazione al coinvolgimento o meno di magma come causa diretta di tali fenomenologie; iii) nessun dato di monitoraggio strumentale relativo a fasi pre-eruttive ai Campi Flegrei.
Ne deriva che la valutazione dei fenomeni osservati nell’ottica di una possibile futura eruzione ai Campi Flegrei è necessariamente soggetta a significativa incertezza. Tale incertezza è ulteriormente accresciuta dal fatto stesso che i Campi Flegrei sono un sistema calderico. E’ noto infatti che la valutazione delle fenomenologie osservate in sistemi calderici può essere assai più complessa che per i vulcani centrali.

I ricercatori ammettono, in sostanza, che lo scenario è talmente complesso da renderne pressoché impossibile una descrizione esaustiva.

Il GdL era stato creato per rispondere a una domanda fondamentale per la Protezione Civile: quale è lo scenario eruttivo più probabile? In altre parole, che tipo di eruzione ci dobbiamo aspettare dai Campi Flegrei? Si badi bene, non veniva chiesto di prevedere l’eruzione, ma di descrivere quella che potrebbe avvenire, in maniera tale da organizzare la macchina dei soccorsi prima ancora dell’emergenza. Quindi, per esempio, in quale punto avverrà l’eruzione? Di quanta energia rilasciata stiamo parlando? I terremoti che precederanno l’eruzione, quale sarà la loro intensità? Nel paragrafo 7 si legge:

L’area a massima probabilità eruttiva è localizzata grossomodo nella zona di Astroni-Agnano, mentre la seconda area per valori di probabilità è localizzata in corrispondenza di Averno – Monte Nuovo. Si può quindi concludere che l’insieme delle conoscenze oggi disponibili è concorde nell’individuare tali due aree come quelle caratterizzate dalla più elevata probabilità di apertura di future bocche eruttive, con l’area a est (Astroni-Agnano) caratterizzata da maggiori valori di probabilità.

Nel prosieguo si fa riferimento alla “scala eruttiva” ossia all’intensità dell’evento vulcanico e ai fenomeni attesi. Si citano le eruzioni “freatiche” particolarmente esplosive a causa dell’interazione dell’acqua con il magma. Si parla di maremoti, di aree di interesse che vanno ben al di là dell’area flegrea propriamente detta, del Vomero e di Fuorigrotta completamente distrutte eccetera.

Vale la pena sottolineare che questo rapporto confidenziale non dice, sostanzialmente, nulla di nuovo né ai ricercatori né a quella parte di popolazione interessata alla tematica. Si circoscrive l’area dove avverrà più probabilmente l’eruzione e se ne descrivono gli effetti. È uno studio redatto in funzione dell’uso che ne farà la Protezione Civile per cui si prova ad andare al cuore del problema, senza dilungarsi in dissertazioni squisitamente scientifiche. Il quadro descritto è molto cupo. Lo scenario è davvero apocalittico e non lascia dubbi sul fatto che un’eruzione ai Campi Flegrei sarà un evento catastrofico che avrà ripercussioni, probabilmente, a scala mondiale. L’area direttamente o indirettamente interessata potrebbe essere di svariate decine di km quadrati. Il documento dice, senza mezzi termini, che non è possibile, allo stato attuale, prevedere quanto lungo sarà il periodo che andrà tra i primi segnali precursori e l’evento vulcanico vero e proprio. In altre parole, dal momento in cui, per esempio, l’attività sismica si dovesse intensificare fino all’eruzione vera e propria, potrebbero trascorrere giorni, settimane, mesi o anni. O potrebbe non accadere proprio nulla. I segnali precursori potrebbero dire tutto e niente. Uno studio recente pubblicato da, tra gli altri, Giuseppe De Natale, quantifica in 30 miliardi di euro il danno economico provocato dall’evacuare la popolazione dei Campi Flegrei per un anno. Se consideriamo che le crisi bradisismiche degli anni ’70 e ’80, per esempio, non hanno avuto come conseguenza finale alcuna eruzione, ne consegue che chi di dovere ci penserà a lungo prima di autorizzare un esodo di massa. Casi di “falsi allarmi”, del resto, sono avvenuti in molte aree vulcaniche nel mondo, come riportato dallo stesso documento. .

Le infrastrutture della Campania sono inadeguate ad assorbire il traffico di tutti i giorni: cosa succederà con il caos dell’evacuazione? I porti sono talmente vicini all’area vulcanica che il sollevamento del fondo li renderà inutilizzabili. Le stazioni ferroviarie e l’aeroporto di Capodichino forse saranno utilizzabili. Insomma, terremoti, eruzioni, maremoti tutti assieme in un’area relativamente piccola ma in cui abitano centinaia di migliaia di persone.

Tra al massimo una settimana di tutto questo non si parlerà più. Ci avviciniamo al Natale e i temi di discussione saranno ben altri. Tuttavia l’articolo pubblicato dal Corriere della Sera pone, a mio avviso, un altro interrogativo: come mai la popolazione sembra rendersi conto di vivere nell’area più pericolosa del mondo da un punto di vista dei rischi naturali e tuttavia non riesce ad allontanarsene? Il quadro descritto dal rapporto è estremamente esaustivo nonchè agghiacciante. I Campi Flegrei sono letteralmente una bomba ad orologeria ma nessuno sa quanto tempo manca all’ora zero. Quindi, quanto tempo è necessario ad evacuare le persone? Quante sono le persone da evacuare? In quale area? Come andranno via? Nei giorni scorsi si è tenuta un’importante esercitazione per simulare l’evacuazione. Conoscendo l’animo dei campani, si può essere ragionevolmente sicuri che si comporteranno in modo disciplinato come in un’esercitazione? Io credo che prima di concentrarsi sugli effetti dell’eruzione, che saranno quasi certamente devastanti, bisognerebbe ragionare sui tempi necessari all’evacuazione e capire se un’eruzione possa essere prevista con un preavviso maggiore o uguale a questi tempi. Dallo studio sembrerebbe che non sia possibile fare una stima in questo senso, per cui c’è veramente da essere preoccupati e non poco. Sia chiaro, non esiste al momento alcun segnale che faccia pensare ad una ripresa dell’attività vulcanica. Che fare? Aspettare e sperare? O prendere una decisione drastica e andar via prima che sia troppo tardi? Questo documento dovrebbe essere un monito non solo per chi abita tra Fuorigrotta e Torregaveta, ma anche per le persone che abitano nel Vesuviano o a Ischia. Parafrasando Roger Waters (“Se non sei arrabbiato, sei distratto”), solo chi ha preso coscienza del pericolo è seriamente preoccupato. Gli altri scelgono di non pensarci o di affidarsi a qualche santo.

Tratto da bartolomeogarofalo.wordpress.com


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