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Un poco anche figlia mia

di Luciano Castaldi Ci vuole il “fisic durol”… cioè… un’ispirazione speciale… il vocabolario giusto… il guardaroba ben fornito, con tanto di maschere, parrucche e tutto il resto…
Dopo le tragedie è sempre così… c’è stata la lava di fango… Come il terremoto… come la strage del sabato sera, o l’ennesima morte bianca… E subito dopo, eccolo lì, puntuale, puntualissimo, il fiume di parole addolorate… di dichiarazioni infuocate, di saggi appelli al “senso di responsabilità”…
Ho frequentato le “scuole basse”… perciò faccio fatica a trovar le parole giuste… E non accuso nessuno perché so che se un uomo alza il dito indice contro qualcuno non deve mai dimenticare di avere le altre quattro dita puntate contro se stesso….
Invidio chi riesce a tenere il sangue freddo, ad avanzare le giuste analisi e a prospettare le opportune soluzioni… Io invece vado subito in affanno… e chiedo scusa per l’insistenza… forse è già tempo di cambiare canale, cioè argomento…
Il fango è ancora per un po’ fango. Poi però essiccherà… Anche quello venuto giù in questo inizio di Millennio. Sembrerà quasi come il cemento… diventerà “solido” e all’apparenza persino affidabile… Come il rassicurante cinismo del potere…

E poi?
Poi nel deserto delle promesse e delle speranze, arriverà il vento di scirocco e solleverà altra polvere fastidiosa, all’apparenza solo di superficie, che in realtà si attacca ovunque… e penetra fin dentro le viscere.
E’ polvere invadente quella postfango. Come il ricordo straziante di chi soffre e soffrirà per sempre…
Polvere pesante e polvere leggera, a volte quasi invisibile. Proprio per questo polvere rompiscatole. Come le parole di chi, suo malgrado, non potrà fare a meno di continuare la battaglia… contro l’oblio e la superficialità di molti, anzi di troppi. Sarà una nuova battaglia. Fastidiosa e irritante… specie per chi ha già girato lo sguardo dall’altra parte, o per chi sul web ha un nuovo link da visitare per non pensare.
Non illudiamoci: quel che fra poco apparirà granitico, non è altro che “povero fango” destinato anch’esso a franare rovinosamente… a crollare come le certezze dei padroni del vapore o come le nostre false “sicurezze” che sbandano impazzite appena c’è un po’ di pioggia…
Eccole lì le nostre agiate sicurezze… sballottano, si ribaltano e precipitano giù giù fino al mare… come avviene con i liquami più loschi e più neri. Tutto velocemente. Tutto fuori controllo… senza neppure la possibilità di prendere coscienza, di invocare l’aiuto di qualcuno. E pensare che noi ci illudiamo di poter controllar tutto, di sapere tutto. Basta entrare in macchina… accendere il motore… scegliere il brano mp3, per sentirsi simili agli dei. Salvo poi… scoprire che, quelle automobili, per quanto lussuose e costose, sono più leggere delle barchette di carta…
Trappole mortali, per giunta, sporche di fango.
D’altra parte quel che oggi già sembra fragile, effimero e leggero, proprio come la polvere, entrerà prepotente nelle narici… per saturare polmoni e dilaniare arterie… Perché non è possibile dimenticare. Non è possibile che tutti abbiano già dimenticato i tre ragazzi foriani morti nella nostra prima “strage del sabato sera”… Non è possibile tornare a parlare di Monte Vezzi perché oggi c’è Casamicciola. Non è possibile ricordarsi di S. Maria al Monte, del Corbaro, del lungomare di Citara, dei canaloni e di tutto il resto solo in queste circostanze… Soprattutto, non è possibile continuare sempre a far finta di nulla, in attesa del prossimo diluvio di parole, promesse, buoni propositi, fango.
Ho fatto le “scuole basse” e però, non so perché, in questi giorni sto pensando alla figura di Enea. Davanti alla città in fiamme, c’è chi pensa a mettere in salvo solo se stesso, ritenendo che il mondo coincida con sé. E c’è chi pensa di morire insieme alla città, come fece la sentinella di Pompei citata da Oswald Spengler. Davanti a Troia in fiamme Enea invece porta in salvo il suo vecchio padre, Anchise, caricandoselo sulle spalle mentre il suo genitore stringe i penati, sacro simbolo di continuità; e conduce fuori il suo piccolo figlio Ascanio, con cui andrà a fondare una nuova città. Ecco qui: la Tragedia di questi giorni fa esplodere la mia voglia di scappare via. Di portare con me il meglio della nostra storia e il desiderio di futuro che è nei figli. Andare via, fondare una città nuova, governata non dico dalla saggezza, ma almeno da un’umanità capace di non farsi troppo male da sola. Un’umanità consapevole che la natura è veramente matrigna e non ha bisogno del nostro carico di insipienza, peccato, male.
Ovunque andrei, o semplicemente restandomene qui, perché altrove non sono
capace di andare, vorrei essere un grande uomo… magari, che ne so, un santo… per riuscire ad asciugare anche una sola lacrima… rendere meno atroce il dolore di un addio troppo veloce, inspiegabile e folle.
La vita certe volte è dramma e la sera, tornando a casa, non potrò fare a meno di sentire Anna un poco anche figlia mia.


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