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La modernità migrante di Iain Chambers

La musica come “archivio” per una diversa storia del Mediterraneo.

di Emanuele Verde. Peccato per chi non c’era. La conferenza di Iain Chambers, infatti, è stata una di quelle occasioni che normalmente vengono definite “momenti di alta cultura”. In questa circostanza, tra l’altro, l’enfasi è più che giustificata, poichè l’incontro con il Professore di Studi Culturali e Post-Coloniali presso l’Università Orientale di Napoli è stato utilissimo ad aggiornare la “cassetta degli attrezzi” concettuale. Una lunga riflessione sulle origini dell’Occidente che sarebbe interessante far ascoltare sia agli assertori troppo convinti delle radici cristiane dell’Europa che, soprattutto, ai tanti “ministri della paura” che teorizzano l’inevitabilità dello scontro di civiltà.

La conferenza, tenutasi ieri sera (9 ottobre -ndr-) alla Biblioteca Antoniana, ha concluso il secondo anno del ciclo “La Traccia e la Memoria” curato dai Proff. Remo Bodei (Un. California di Los Angeles) e Francesco Rispoli (Un. Federico II di Napoli) per il Circolo Georges Sadoul di Ischia. Proprio Rispoli ha fatto gli onori di casa, introducendo l’antropologo inglese e annunciando la “traccia” per l’anno venturo, con l’idea suggestiva, e speriamo fattibile, di invitare Adriano Sofri a parlare dell’alterità declinata nel senso della “segregazione”.

Ma veniamo a “L’altro Mediterraneo”, tema della conferenza di Chambers. Un invito a pensare “con” il Mediterraneo, non “al” Mediterraneo, seguendo le tracce della musica e del viaggio, non solo quello coloniale che tanto in profondità ha segnato la storia d’Europa, ma anche -soprattutto- quello dei migranti che attraversando il Mediterraneo rinnovano continuamente saperi e linguaggi dell’Occidente. Il cambio di prospettiva, ribadito più volte durante l’incontro, è quello di non limitarsi a considerare la migrazione soltanto da un punto di vista economico-sociale, ma a considerare la migrazione tout court motore della modernità. Appunto, la “modernità-migrante”.

In fondo, sostiene Chambers è sempre stato così, e le prove a sostegno di questa (ri)lettura dell’Occidente non mancano. Dal mantello di Ruggero II “il Normanno”, con la data scritta secondo il calendario islamico, fino all’incontro di sufi e flamenco nel film “Vengo” del regista franco-algerino Tony Gatlif. In mezzo, l’incontro tra il blues e la melodia napoletana in Pino Daniele e il drum ‘n bass caraibico-napoletano di Raiz degli Almamegretta. La musica, infatti, restituisce una cartografia diversa del Mediterraneo dacché – secondo l’antropologo inglese – “i suoni viaggiano senza chiedere il permesso per attraversare i confini“.

La musica diventa “metodo” in grado di interrogare la storiografia ufficiale che interpreta, invece, la modernità partendo dalle singole storie nazionali (francese, italiana, spagnola, tedesca ecc.). Al contrario, – sostiene Chambers – i riferimenti culturali della Repubblica Napoletana del 1799 e quelli della Rivoluzione dei “giacobini neri” di Santo Domingo (che nel 1803 portò alla dichiarazione di indipendenza di Haiti) sono gli stessi, pur essendo, le due rivolte, avvenute a centinaia di migliaia di chilometri l’una dall’altra. Ne deriva che lo schiavo nella colonia francese di Santo Domingo ha contribuito alla modernità tanto quanto l’intellettuale comodamente seduto in un bistrot di Parigi. Parimenti Raqqa, in Siria, non è meno moderna della Silicon Valley, e i migranti che approdano a Lampedusa fanno la storia dell’Occidente tanto quanto i giovani ingegneri dei distretti industriali tedeschi e francesi.

A esser diversi, oggi come ai tempi del colonialismo, sono i rapporti di forza tra i popoli, ma se andiamo oltre le ragioni contingenti degli esodi dall’Africa e dall’Asia, bisogna convenire con Iain Chambers che il Mediterraneo ha acquisito nuova centralità dando voce a istanze e culture per troppo tempo dimenticate. Sul finire della conferenza il sociologo e antropologo inglese ha fatto riferimento anche al cibo come chiave di lettura possibile di una storia transnazionale del Mediterraneo. Mi è parso perciò opportuno inserire tra i video utilizzati dallo studioso a sostegno delle sue tesi anche quello dell’Unesco che spiega perchè la dieta mediterranea è stata inserita nella lista dei beni Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

Buona visione!



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