Gli antieroi di Andrea Esposito: li amiamo perché ci assomigliano

Nei romanzi dello scrittore ischitano, il noir usato come metafora della realtà: contraddizioni, debolezze, passioni vissute in modo così istintivo da non distinguere più il bene dal male
di Mary Marzocchi*Anche nel 2016 il noir made-in- Ischia porta la firma di Andrea Esposito, indiscusso pioniere di un genere che lo scrittore di Forio ha saputo adattare ai luoghi suggestivi, alle atmosfere ed ai personaggi caratteristici della nostra isola, in modo assolutamente nuovo e originale: il Noir con Esposito non è più sottogenere del giallo classico, del thriller, della detective-story e neppure si deforma sproporzionatamente nel truculento hard-boiled tipico dei romanzi metropolitani americani. Si fa metafora ma di che cosa? Di tutto: della vita e del mondo nel quale la viviamo. Il suo piccolo paesino, Forio, e l’isola d’Ischia tutta non sono più quelli delle cartoline patinate da vendere ai turisti ma le ambientazioni nelle quali si muovono i personaggi della crime-novel. Nelle storie di Esposito tutti gli schemi si ribaltano: non è Ischia dei luoghi comuni, immaginata da Gianni Mura, ma neppure la sonnacchiosa e arcinota Vigata, amatissima da tutti i fans di Montalbano. Né McBain né Ellroy, Esposito sceglie il noir come mezzo per raccontare l’oggi, l’adesso, la realtà non come vorremmo che fosse ma come realmente è. Così i vicoli dei centri storici, le torri, le chiese, si trasformano: diventano i punti cardinali di un microcosmo. In ogni suo romanzo ce n’è uno: un paese, una cittadina, un quartiere, un’isola, un luogo di luce e di tenebra che è lì ma potrebbe essere in qualsiasi altro posto, poiché non è in quanto tale ma immagine amplificata, metafora stessa del mondo intero. Ecco che i luoghi e i personaggi conosciuti ed amati dall’autore nella sua gioventù si mischiano, alcuni così famosi – scrittori, pittori, artisti, politici – da essere noti al pubblico, e si fondono tra di loro diventando posti e persone completamente nuove e diverse – personaggi di fantasia, protagonisti del romanzo appunto – pur mantenendo le caratteristiche e la personalità di quelli originari. La vita vera è questo: passioni, grandi slanci sentimentali, ma anche nello stesso luogo e nello stesso momento, a volte addirittura nella stessa persona, contraddizioni, meschinità, cinismo, il tutto vissuto ad un ritmo così frenetico ed idealizzato dai nuovi mezzi di comunicazione, che ci riesce sempre più difficile distinguere il bene dal male. Nei romanzi di Esposito, come nelle nostre vite, essi si mischiano e si confondono: lo schema non è più guardie-contro-ladri, buoni-contro-cattivi, dove alla fine vincono sempre gli eroi come Poirot ieri o Montalbano oggi. Il Commissario Senese e l’ispettore Carbone non sono né eroi né feccia: sono anti-eroi, una categoria a parte, personaggi fragili nella loro carica di umanità, nei loro tanti difetti, nei problemi della loro vita e negli errori che fanno per tentare di risolverli. Personaggi per i quali la redenzione ha un costo altissimo: non scelgono quasi mai per il meglio, a volte lo fanno per paura o convenienza, dubitano, s’incazzano, soffrono, amano e si appassionano, spesso tradiscono, si parano il culo col meno peggio. Altre volte dimostrano coraggio, altruismo e fiuto nel riuscire a portare a casa il risultato. Ma la loro vita non cambia per questo, rimangono personalità piene di contraddizioni, nelle quali trovano posto sia i buoni che i cattivi sentimenti. E noi per questo li leggiamo, appassionandoci alle loro avventure fino all’ultima pagina. Li amiamo perché ci specchiamo in loro, perché sono come noi.
Nuovo editore, nuovo romanzo inedito: Meridiano Zero pubblica “Graticola”, uscirà a Natale
Combrigliano è un ridente paesino in collina, ai piedi del massiccio del Matese, che da qualche anno ha conosciuto un piccolo boom economico, grazie al passaggio dalla tradizione agricola (rurale, legata alla transumanza e alle usanze contadine) al turismo di massa, nell’ambito del quale commercianti e ristoratori del luogo hanno saputo valorizzare le loro attività: trattorie e piccole enoteche che riscoprono la cucina tipica del Sannio, laboratori di cucito diretti da vecchie filatrici col tummoloe tante altre affascinanti tradizioni dimenticate nel tempo. In questo contesto idilliaco la vita scorre serena, fin quando la regolarità delle giornate che sembrano sempre uguali e il perbenismo piccolo-borghese del paesino, che si sviluppa in un contesto sociale fatto di famigliole che abitano piccole villette e fanno volontariato presso la locale Pro-Loco, è sconvolta dalla comparsa del misterioso Mimmo Graticola. Un tipo anonimo, che passa del tutto inosservato, praticamente invisibile. Fin quando in una mattina d’inizio estate non telefona in una affollata trattoria e chiede di una elegante signora che è lì per il pranzo: Celeste Senese, moglie del noto ginecologo del paese – il dottor Ferri – maestra elementare, non-vedente dalla nascita. Graticola racconta a Celeste una storia assurda: le dice di essere alla ricerca della vita eterna, non quella religiosa o la fonte dell’eterna giovinezza, ma quella genetica: il totale arresto dell’invecchiamento cellulare. Quella che lui chiama ‘la soluzione del gioco’ è la scoperta più sensazionale della storia dell’umanità e – secondo Graticola – è stata fatta negli anni ’70 in una polverosa locanda dell’America Latina da un gruppo eterogeneo che l’ha nascosta al mondo intero: 3 ex nazisti sfuggiti alla cattura (guidati dall’angelo della morte, il dottor Mengele, il medico che sperimentava sui gemelli nel campo di sterminio di Auschwitz), un collaborazionista belga, un funzionario del Vaticano, due ufficiali delle organizzazioni più sanguinarie del Sud America (la cilena Patria-y-Libertad, braccio armato di Pinochet, e il Triplo-A, l’alleanza anticomunista argentina, responsabile di migliaia di desaparecidos sotto Videla). Il viaggio fin laggiù è organizzato da un brillante americano, ex agente CIA, ora cane sciolto, di nome Henry Smith. Quando la bella maestra cieca, terrorizzata, gli chiede perché mai abbia chiamato lei, il folle le spiega di averla scelta come testimone per due motivi: perché conosce le persone che sta cercando, immortali, uomini eterni che risiedono adesso tutti a Combrigliano, gente che in decenni e decenni ha cambiato più volte ogni cosa della sua vita, persone che non hanno più gli stessi nomi di allora. E in secondo luogo perché lei è la figlia del Commissario Antonio Senese che fa parte dell’UCS (unità per i crimini seriali). Quello che sembra lo scherzo di cattivo gusto di un mitomane, nello stesso pomeriggio si trasforma in realtà: viene trovato morto per primo un anziano signore belga, paralitico, sgozzato nella sua casa di campagna, piena di ciarpame nazista e cimeli della Seconda Guerra Mondiale. Gli omicidi di Graticola si susseguono: è un seriale freddo e organizzato, dotato di un autocontrollo e di una genialità senza pari – non solo nello sfidare – ma addirittura nel muovere gli investigatori come pedine nelle sue mani. I membri dell’UCS gli danno la caccia e nello stesso tempo lo rincorrono, mentre lui continua la ricerca della vita eterna. L’assassino elimina, uno ad uno, quelli che crede essere “gli uomini eterni” che avrebbero tenuto per loro questa scoperta sensazionale, nascondendola all’intera umanità. Alla fine di un susseguirsi di colpi di scena, i pezzi del mosaico iniziano lentamente ad andare al loro posto, non prima di essersi accavallati fino alla fine in un disvelamento della verità che non è mai assoluta, mai totale, ma nasconde comunque una doppia via, una doppia lettura. Emerge in epilogo ciò che spiega il consulente esterno dell’unità investigativa – il criminologo James Winterbourn: la soluzione del gioco, anelata da Graticola, non è ciò che lui vorrebbe far credere e desidererebbe per se stesso. Si tratta semplicemente di una leggenda a cui il killer vuole credere e in cui si è rifugiato. Ma il vero motivo per cui uccide è nascosto nella sua mente: vendicare gli stupratori che avevano abusato di lui da ragazzino, tanti anni prima, in quella stessa locanda in America Latina. Graticola è stato in realtà adottato laggiù, venduto e portato in Italia: un travestito bambino, un menino-da- rua violato nell’infanzia e devastato nella psiche. Un trauma troppo profondo per poter essere accettato, ma anche per essere dimenticato.
*editor e docente di lettere
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